Covid-19, Beux (TSRM e PSTRP): «Serve piano organico per il territorio. Grave errore sul Fondo di solidarietà. Ora pensare anche ai liberi professionisti»
Parla Alessandro Beux, presidente del maxi Ordine delle professioni sanitarie: «Sul Fondo di garanzia per i familiari vittime di Covid-19 ci aspettiamo una correzione nel Dl Aprile, non si possono escludere intere professioni». Preoccupa la situazione economica dei liberi professionisti: «Loro attività limitata alle prestazioni ritenute clinicamente improcrastinabili». Poi sottolinea: «Arrivo di una pandemia si poteva prevedere, ancora manca un piano»
«Si sarebbe dovuto investire sul territorio e sulle cure domiciliari almeno vent’anni fa, come era suggerito dai contenuti di numerosi documenti. Non lo si è fatto e adesso abbiamo dovuto gestire una situazione di questo tipo, senza essere preparati, una vera e propria “gestione dell’emergenza in emergenza”». È amaro il commento di Alessandro Beux, Presidente della Federazione degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, sull’emergenza in corso e sui ritardi della sanità italiana che, soprattutto nelle cure territoriali, si sono rivelati fatali nella lotta al Covid-19.
Ora che la sanità territoriale e domiciliare è al centro dell’attenzione dei decisori e dell’opinione pubblica, il rischio è che la si rafforzi sulla base di presupposti sbagliati, senza pensare a tutto ciò di cui c’è bisogno: «L’implementazione del territorio e del domicilio deve avvenire sulla base di un progetto ben strutturato, perché se avvenisse sulla base di rappresentazioni che si sono manifestate parziali, rendendo evidenti le loro conseguenze negative, si farebbe la cosa giusta, ma nel modo sbagliato – sottolinea Beux -. Per essere una vera alternativa alla gestione ospedaliera, il territorio deve poter garantire l’assistenza nell’accezione più ampia del termine, le attività di prevenzione, la diagnostica strumentale, la riabilitazione, così come abbiamo scritto al Ministro alcune settimane fa: sul territorio c’è bisogno di indagini radiologiche e di laboratorio, di riabilitazione respiratoria e psichiatrica, di supporto nutrizionale, di sorveglianza epidemiologica, di coloro che si occupano delle dipendenze e delle disabilità fisiche e mentali, nonché di chi sul territorio si occupa dei controlli nell’ambiente e nei luoghi di lavoro». Per questo Beux auspica «un piano organico, supportato dalle indispensabili assunzioni».
Il Presidente del Maxi Ordine delle Professioni sanitarie non nasconde le incognite della Fase 2, anche se intravede qualche motivo di ottimismo: «Se dovesse tornare il picco epidemico, non saremmo sicuramente ancora in grado di fare tutto ciò che deve essere fatto nei modi in cui lo si potrebbe fare sulla base di un piano per la gestione dell’emergenza che abbia anticipatamente definito i modelli organizzativi e le procedure da adottare e reso concretamente disponibili le tecnologie e i DPI necessari. Certamente saremmo più e meglio preparati rispetto a come siamo stati in grado di reagire due mesi fa – chiarisce Beux -. La consapevolezza dei professionisti è certamente cresciuta, così come quella dei decisori; alcuni modelli organizzativi sono stati nel frattempo adottati o adattati; la carenza quali-quantitativa dei DPI è stata denunciata e ha alcune prime risposte. Resta il fatto che ci siamo fatti trovare impreparati, contrariamente a quel che avremmo dovuto prevedere: non potevamo sapere che sarebbe arrivato il SARS-CoV-2, ma dovevamo prepararci all’arrivo di un virus di pari impatto. Avremmo dovuto prevederlo, invece non è stato così. Questo è un dato oggettivo. E ad oggi manca ancora un vero e proprio piano. Anche ciò che in questi due mesi siamo stati in grado di fare lo abbiamo realizzato in emergenza, senza nulla di strutturato, di organico. Abbiamo dato risposte estemporanee, con quel che avevamo, giorno dopo giorno, aggiungendo un pezzo per volta man mano che se ne sentiva l’esigenza e che veniva reso disponibile. Il contesto in cui sono stati chiamati a operare rende ancora una volta evidente l’inestimabile valore dei professionisti sanitari».
In questi giorni l’impegno di Beux si è rivolto soprattutto alla questione del Fondo di solidarietà per i familiari degli operatori sanitari vittime di Covid-19. La Federazione nazionale è stata la prima a chiedere un intervento dello Stato con queste finalità, salvo poi essere ‘beffata’ dall’emendamento al Cura Italia a prima firma Davide Faraone che, di fatto, ha previsto che del fondo potessero beneficiare solo i familiari di medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Da quel che si è poi appreso, secondo l’estensore dell’emendamento la denominazione “operatori socio-sanitari” avrebbe incluso tutte le figure sanitarie coinvolte nella gestione della pandemia. Una buona intenzione vanificata dal modo in cui è stato formulato l’art. 22-bis. La criticità si sarebbe risolta grazie all’emendamento al Cura Italia presentato alla Camera a firma Elena Carnevali, col quale si prevedeva che al fondo potessero accedere i familiari “degli esercenti le professioni sanitarie”, ma nessun emendamento al Decreto è stato ammesso.
«Dopo il comunicato degli Onorevoli Faraone e De Filippo – sottolinea Beux – è chiaro che da parte loro non c’era alcuna volontà escludente. Però c’è voluto un nostro intervento per far sì che si rendessero conto che la denominazione “operatore socio-sanitario” non era assolutamente onnicomprensiva, bensì il contrario, perché l’operatore socio-sanitario è una figura professionale ben precisa, rientrante tra quelle riconosciute come “operatori di interesse sanitario”. La formulazione “operatore socio-sanitario” non esclude solo i familiari delle vittime di Covid-19 appartenenti alle 19 professioni dei nostri Ordini, ma anche gli psicologi, le ostetriche, i farmacisti, i veterinari, etc, cioè tutti quelli che non sono medici, infermieri e OSS. Ci ha fatto piacere che i due Onorevoli abbiano riconosciuto la bontà del messaggio che da un paio di mesi stiamo cercando di veicolare: parliamo di professioni sanitarie. In questo modo non ci dimenticheremo mai di nessuno; da questa base comune sarà poi possibile fare tutti i successivi ragionamenti analitici necessari, riconoscendo e valorizzando le differenze».
«Bisogna sottolineare – afferma Beux – che la più che apprezzabile comunicazione di Faraone-De Filippo non ha, però, risolto il problema, che sarà superato nel momento in cui l’iniziale emendamento dell’Onorevole Carnevali al Cura Italia, poi trasformato in un Ordine del Giorno approvato dal Parlamento col parere favorevole del Governo, sarà recepito dal Dl aprile. Stante le premesse non dovrebbero esserci problemi, noi continueremo a vigilare».
Infine, inizia a preoccupare la situazione occupazionale dei liberi professionisti. «Da un punto di vista economico la loro situazione è la più critica – conclude Beux -. Non c’è mai stato un blocco assoluto delle loro attività, ma, come successo nelle strutture sanitarie, hanno potuto effettuare solo le prestazioni ritenute clinicamente improcrastinabili, assumendosi di volta in volta la responsabilità della scelta. A inizio marzo, dopo il primo DPCM abbiamo predisposto delle indicazioni che non sono state modificate dai successivi, nemmeno da quello del 26 aprile. Per la delicatezza della questione, lunedì abbiamo ritenuto responsabile sottoporre la nostra interpretazione al ministero della Salute, siamo in attesa della risposta. All’interno di un’apposita pagina del sito della Federazione nazionale, sin dall’inizio di marzo abbiamo messo a loro disposizione quanto di meglio ci viene consegnato dalle associazioni scientifiche di riferimento, spesso in sinergia con le rispettive Commissioni di albo. Venerdì scorso il Consiglio nazionale, riunitosi in videoconferenza, ha concordato sul fatto che è a loro che in prima battuta si deve guardare per la distribuzione delle mascherine FFP2 senza valvola donate agli Ordini dal ministero della Salute. Col supporto delle loro rappresentanze ordinistiche e associative, a inizio aprile abbiamo predisposto un corposo pacchetto di emendamenti al Dl Cura Italia, con la richiesta di tenerne conto nella predisposizione di quello di aprile, nel caso in cui non fosse stato possibile recepirli tutti in quello di marzo».