Professioni sanitarie e direzione delle strutture complesse. C’è ancora molta confusione
fonte quotidianosanità
Gentile Direttore,
desidererei intervenire sulla scorta della affermazione contenuta nel recente intervento (Dott. Saverio Proia) apparso sul vostro giornale ed inerente le professioni Sanitarie in merito alla ritenuta istituzione, da parte della L.251/00 di “specifici servizi gestiti direttamente da queste professioni”.
Sommessamente, ritengo che con la L.251 del 10 agosto 2000 il legislatore nazionale non istituisce direttamente ma attribuisce alle aziende sanitarie e alle regioni la mera facoltà di istituire servizi e una nuova qualifica di dirigente del ruolo sanitario le cui funzioni, come vedremo, non sono stabilite dalla legge ma da appositi regolamenti che ogni Azienda, prima dell’assunzione del nuovo dirigente, deve (dovrebbe) emanare.
La L.251/00 prevedeva anche, per l’accesso alla nuova qualifica, l’emanazione da parte del governo di una “disciplina concorsuale riservata al personale in possesso degli specifici diplomi”, emanata poi conD.P.C.M. del 25 gennaio 2008; specificità del diploma e riserva concorsuale, essendo funzionali l’uno all’altra, farebbero anche ritenere che i diplomi in parola siano utilizzabili unicamente per la partecipazione ai concorsi ad essi riservati.
La regolazione definitiva sul piano contrattuale della dirigenza delle professioni si è avuta con l’articolo 8 del CCNL SPTA del 17 ottobre 2008 il quale prevede, al comma 7, che “le attribuzioni dei dirigenti di nuova istituzione e la regolazione, sul piano funzionale ed organizzativo, dei rapporti interni con le altre professionalità della dirigenza sanitaria devono essere definite dall’azienda prima di procedere all’assunzione dei dirigenti di nuova istituzione “nel rispetto delle attribuzioni e delle competenze degli altri dirigenti già previste dalla normativa nazionale vigente…..”
Ebbene, un eventuale regolamento, ovemai esistente, non potrebbe attribuire al dirigente delle professioni sanitarie funzioni che la normativa nazionale vigente già prevede, con il comma 6 dell’articolo 15 del d.lgs 502/92, per i Direttori delle già esistenti strutture complesse: “Ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell’ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l’adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l’appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente è responsabile dell’efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite”.
Fa parte della normativa nazionale vigente anche il D.P.R. n.128 del 27/03/1969, tuttora vigente ai sensi del d.lgs n.179 del 01/12/2009 il quale dispone, agli artt. 40 e 41, che i livelli di coordinamento rispondano direttamente ai primari/direttori dei servizi nei quali sono istituiti.
Appurato che esiste un titolo di studio “specifico” e una procedura “riservata”, viste le funzioni del Direttore di struttura complessa e considerato che prima di assumere il dirigente delle professioni le aziende devono regolamentarne le attribuzioni, il punto nodale a mio avviso è capire se il dirigente delle professioni è legittimato a svolgere le funzioni che la “normativa nazionale vigente” attribuisce al direttore delle unità operative complesse.
Basta a questo punto dare una scorsa a delibere pubblicate sui siti di alcune Aziende Sanitarie per rendersi conto che in luogo della disciplina “riservata”, per i concorsi di dirigenti delle professioni vengono spesso utilizzati metodi differenti tra i quali il più gettonato è il D.P.R. 484 del 10 dicembre 1997.
Il D.P.R. 484/97, “Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale” detta si i requisiti e criteri per l’accesso alla dirigenza di struttura complessa, ma solo per le categorie professionali di medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri, biologi, fisici, chimici e psicologi.
A conferma, la dirigenza delle professioni sanitarie non è inserita nell’elenco delle discipline dell’art.4 del D.P.R. 484/97 e successive integrazioni di equipollenza ed affinità, che elenca le discipline utili al conferimento di una dirigenza di struttura complessa (ex secondo livello).
A questo punto richiamerei anche il famoso comma 566, la famosa base della evoluzione delle professioni sanitarie. Bene, il comma 566 della L.23 dicembre 2014 con la formula “Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia…..” preclude l’esecuzione di atti complessi e specialistici in alcune materie al personale non medico, tra i quali possiamo annoverare i dirigenti delle professioni di cui alle classi di Lauree LM/SNT1,2,3 e 4.
Prendiamo poi il comma 6 dell’articolo 15 del d.lgs 502/92 nella parte in cui prevede che le decisioni relative alla realizzazione della appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata sono adottate dal dirigente di struttura complessa.
Dalla lettura in combinato dei due segmenti normativi e partendo dal fatto che gli atti effettuati in una struttura complessa sono anch’essi complessi per definizione, è chiaro che il dirigente di struttura complessa deve adottare tutte le decisioni per realizzare gli interventiche proprio il comma 566 della L. 23 dicembre 2014 preclude al personale non laureato in medicina e chirurgia, tra i quali possiamo ancora una volta annoverare i dirigenti delle professioni di cui alle classi di Lauree LM/SNT 1,2,3 e 4.
Dott. Pasquale Cerino
TSRM, Dottore Magistrale in Giurisprudenza