CALABRIA: Un decreto legge per la sanità calabrese? Forte il rischio di incostituzionalità
fonte quotidianosanita.it
Non è condivisibile la volontà espressa dalla ministra Giulia Grillo di ricorrere ad un provvedimento emergenziale, verosimilmente un decreto legge, con il quale attribuire ai commissari ciò che la Costituzione già riconosce loro, ovverosia di revocare i direttori generali delle aziende della salute inidonei al risanamento e al ripristino dei Lea. Il provvedimento è pleonastico e più che sospetto di incostituzionalità
“La politica e il suo cinismo” potrebbe essere il bel titolo di un libro ove raccontare le disgrazie vissute dai calabresi per colpa della malasanità prodotta da anni di menefreghismo, di ruberie, di joint-venture strutturate tra corrotti e corruttori, di carriere folgoranti di politicanti e loro parenti, entrambi premiati, rispettivamente, da consensi estorti ai più bisognosi (in Calabria, quasi tutti!) e da quei primariati che non si sono negati ad alcuno.
Tutte verità, nascoste sotto la cenere ovvero trascurate
Una esagerazione? Per nulla. Questi sono i punti salienti di una tutela della salute che non abbiamo preteso per decenni e della quale ci accorgiamo solo oggi che ci sarebbe ampiamente toccata a mente della Costituzione. Questi sono i limiti di quella organizzazione sanitaria che non c’è mai stata e che non consente ad alcuno di tirarsene fuori, sul piano della responsabilità politica e manageriale.
Lo impedirebbero:
– tra le altre, certamente numerosissime ma rimaste ignare ovvero ignorate, le morti della sedicenne Federica Monteleone e del dodicenne Flavio Scutellà, entrambi deceduti nel 2007 per mali ovunque curabili tranne che nel vibonese e nel reggino di allora, che si auspicano essere, nel frattempo, migliorati sul piano delle performance medico-chirurgiche;
– le agonie patite e che patiscono nel più ingiusto anonimato i tanti allettati ovunque, spesso nei corridoi di quei presidi ospedalieri che tutti, nessuno escluso, fanno finta di essere in possesso dei requisiti minimi indispensabili per guadagnare la loro esistenza, subordinata a quelle autorizzazioni e a quell’accreditamento che non hanno, consentendo così una diffusa attività ospedaliera nettamente abusiva e penalmente rilevante;
– le sofferenze sistemiche che fanno sì che in Calabria rimangano a curarsi in pochi, soprattutto i soliti «anonimi» che poi, di contro, riempiono le urne di indebiti voti di preferenza e che non saprebbero ovvero potrebbero recarsi altrove;
– le professionalità eccelse schiacciate, sino alla umiliazione, da prepotenze esercitate da una governance incline, più che altrove, alla peggiore clientela, che antepone i clientes ai più bravi, tanto da determinare una sensibile emigrazione delle eccellenze mediche e dei malati con oltre 300 milioni di mobilità passiva al seguito (che scopriamo solo oggi non essere stata mai verificata da alcuno dei preposti).
Un commissariamento dopo l’altro
A tutto questo aggiungasi il vuoto istituzionale che si è venuto a determinare in dieci anni di commissariamento ad acta per ripianare il disavanzo miliardario sanitario, determinato dai crimini gestionali perfezionatisi negli ultimi vent’anni, e rendere finalmente esigibili i Lea, sconosciuti alla nostra latitudine. Un commissariamento, questo, che è stato preceduto da due anni di applicazione di un analogo strumento, però, di protezione civile, funzionale a risolvere una emergenza socio-economico-sanitaria altrimenti neppure affrontabile, che concretizzò un cifra di deficit patrimoniale a nove zeri sino ad allora negata da tutti e assicurò le fusioni delle undici Asl estinte nelle attuali cinque Asp.
L’acqua calda, una nuova invenzione
Oggi si riscoprono cose vecchie, le solite. Audite, audite! Si scopre che la sanità è invasa dalla delinquenza di ogni tipo e che la ‘ndrangheta è arbitraria padrona della gestione dell’Asp di Reggio Calabria, tanto da determinarne lo scioglimento con conseguente nomina del commissario. Insomma, oggi si registra ivi la ennesima scenografia che portò Giuliano Amato, premier del tempo, a firmare il DPR del 19 marzo 2008, preponendo alla stessa come commissario il generale dei carabinieri Massimo Cetola.
Due commissariamenti al “prezzo” di uno
Bingo! Tutti hanno dimenticato o quasi che all’epoca si conseguì un record assoluto: un commissariamento per mafia a Reggio Calabria che visse coevamente con quello di protezione civile incaricato di inventariare il debito e perfezionare l’accorpamento delle Asl in aziende provinciali. Un compito portato a temine dal commissario Vincenzo Spaziante e reso noto dallo stesso all’indirizzo dell’allora governatore Agazio Loiero, che onestamente lo promosse, e al premier Silvio Berlusconi, rispettivamente, nel dicembre 2008 e nel gennaio 2009.
Ecco la novità!
Come dieci anni fa, sempre nel mese di marzo, ci si accorge che in Calabria, ove c’è “zuppa” c’è la ‘ndrangheta a governarla e tanti corrotti e corruttori, che si ingrassano nella dolosa assenza delle gare per aggiudicarsi le commesse pubbliche.
La Calabria, quindi, si ricandida a terra di commissari per sempre.
Commissari nei comuni infiltrati (che poi ogni tanto si scoprono esenti da inquinamenti mafiosi, così come successo di recente a Lamezia Terme, restituendo onore ad un sindaco che lo merita più di ogni altro!).
Commissari (pare) di protezione civile (che potrebbe essere una buona soluzione visti i poteri eccezionali che comporterebbe!), così come è successo a fine 2007, cui affidare la sanità inguaribilmente “occupata” dalla delinquenza organizzata, dalla cattiva politica e dal peggiore management. Un insieme, divenuto normale in Calabria, che rende eterna l’esecuzione dei contratti pubblici con proroghe sine die, senza che alcuno eccepisca alcunché, ovvero spezzetta gli appalti sì da godere delle libertà del c.d. sotto soglia.
Commissari per l’emergenza rifiuti e per la interminabile bonifica ambientale degli estesi siti inquinati nominati dallo Stato.
Commissari infine, nominati a ripetizione dalla Regione, nella sanità e ovunque che dimostrano l’impotenza dell’ente ad intervenire organicamente nella guida degli organismi sottoposti alla sua egida.
A fronte delle “novità”
Il saldo di tutto questo è l’incapacità sostanziale di governare a livello regionale i grandi temi che affliggono la Calabria e i calabresi, offesi nell’anima e nei loro corpi martoriati dall’assenza dei diritti sociali.
Il problema di oggi è, dunque, l’ulteriore provvedimento di commissariamento dell’Asp reggina, del quale sarebbe interessante leggere la relazione d’accesso e le cause che lo hanno prodotto, certamente sopravvenute perché se non fosse così sarebbe legittimo nutrire più di una perplessità sull’operato svolto da chi era tenuto a qualunque titolo ad evidenziarle prima e, conseguentemente, a determinarsi.
L’odierna misura non vorrei che fosse l’ennesimo esempio dimostrativo, privo poi di ogni risultato sistemico, in uso da sempre in questa terra martoriata. In buona sostanza, la materializzazione routinaria di ciò che caratterizzava una bella imitazione del sindaco Gianni Alemanno che, di fronte a ciò che non gradiva ovvero non riusciva a risolvere, ordinava ad un suo sottoposto “chiama esercito”.
Ascoltiamo di più e meglio il giudice Nicola Gratteri. Non è così che si risolvono i problemi, bensì li si accentuano, dal momento che non offrono l’occasione di rigenerare, nel tempo, una classe dirigente locale capace di misurarsi con il fenomeno e riuscire ad essere diversa da quelle che l’hanno preceduta.
L’ultima
Non è condivisibile la volontà espressa dalla ministra Giulia Grillo di ricorrere ad un provvedimento emergenziale, verosimilmente un decreto legge, con il quale attribuire ai commissari ciò che la Costituzione già riconosce loro, ovverosia di revocare i direttori generali delle aziende della salute inidonei al risanamento e al ripristino dei Lea.
Il provvedimento è pleonastico e più che sospetto di incostituzionalità. Ciò in quanto il nominato Commissario è già titolare di una siffatta potestas, atteso che nella sua qualità di sostituto della giunta regionale possiede i titoli giuridici per nominarli/revocarli ricorrendo ovviamente le condizioni di diritto e di merito. Glielo riconosce la Costituzione.
Ma si sa in Calabria, più che altrove, la Costituzione la si scopre di tanto in tanto. Ad appuntamenti spesso incidentali, così come sta avvenendo oggi nel confronto apertosi, con toni e motivazioni soventemente distorti, sul regionalismo differenziato!
In Calabria, ciò che occorre è il rinsavimento dei calabresi!
Quanto alla sanità (peraltro tutta loro!), necessita pensare a come riorganizzare il sistema imponendo un modello organicamente costruito e non fatto con tutti i pezzetti che si cerca di incastrare in un improprio e impossibile puzzle.
Ciò è quanto avviene con le misure parziali che sono in via di concretizzazione e con le ipotesi di riforma più generale pensate da chi di sanità ne capisce poco e male, a tal punto da aver contributo a mantenere in servizio per anni quella che si ha ancora oggi.