Caos tamponi. Ogni Regione ne fa quanti ne vuole e si passa dai 222 al giorno ogni 100mila abitanti a Trento ai 37 in Puglia. Il report Gimbe
A ieri in Italia sono stati effettuati più di 2,3 milioni di tamponi di cui circa un terzo di controllo su soggetti già testati. Ma non c’è un criterio nazionale e così ogni Regione va per conto suo. Per la Fondazione Gimbe sarebbe utile fissare invece uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti. Anche per evitare “comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown”.
Tra le attività di rilievo della Fase 2 al fine del monitoraggio dell’andamento dell’epidemia c’è senz’altro quella diagnostica attraverso i tamponi. Secondo gli ultimi dati della Protezione civile (6 maggio) in Italia sono stati effettuati 2.310.929 tamponi di cui il 33% riferito a tamponi di controllo sugli stessi soggetti già testati.
Tanti, pochi? Il dibattito è aperto e certamente nella Fase 2 è auspicabile che l’attività diagnostica proceda sempre più capillarmente. Ma una cosa è certa: al momento non se ne fanno in pari misura in tutte le Regioni.
Anzi il gap territoriale è notevole, con punte di 222 tamponi effettuati ogni 100mila abitanti nella Provincia di Trento a fronte di soli 37 tamponi ogni 100mila abitanti in Puglia.
“Una giungla”, secondo la Fondazione Gimbe che ha effettuato un’analisi sui dati forniti dalla Protezione Civile nel periodo 22 aprile-6 maggio rilevando una forte disomogeneità diagnostica nelle cinque classi in cui sono state suddivise le Regioni seguendo le indicazioni di una recente analisi della Fondazione Hume, in relazione al numero di tamponi per 100.000 abitanti/die che risulta inversamente correlato alla mortalità.
Questi i risultati:
Tamponi totali
La media nazionale di 88 tamponi per 100.000 abitanti/die colloca l’Italia nella classe di propensione 4 con notevoli differenze regionali:
– Classe 1 (>250): nessuna regione
– Classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia
– Classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria
– Classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio
– Classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia, Puglia
Tamponi diagnostici
A livello nazionale rappresentano il 67,1% dei tamponi totali, con ampie variabilità regionali: dal 25,3% della Campania al 98% della Puglia.
La media nazionale per 100.000 abitanti/die è di 59, con notevoli variabilità regionali: dai 12 della Campania ai 130 della Valle D’Aosta.
“Le nostre analisi effettuate sugli ultimi 14 giorni – spiega il Presidente della Fondazione Nino Cartabellotta – forniscono tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto, si conferma che circa 1/3 dei tamponi sono “di controllo”; in secondo luogo il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2; infine, esistono notevoli variabilità regionali sia sulla propensione all’esecuzione dei tamponi, sia rispetto alla percentuale di tamponi “diagnostici””.
“Alla luce di questi dati la Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – da un lato richiama tutte le Regioni a implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’altro chiede al Ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti. Il Governo infatti, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown”.