Come ridisegnare l’esclusività di rapporto e la libera professione… per tutte le professioni sanitarie
Una via è quella indicata da alcuni emendamenti presentati al cosiddetto “decreto bollette” che prevedono di omogeneizzare la normativa in materia tra i dipendenti del SSN appartenenti alle otto professioni sanitarie della dirigenza (medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi) e i dipendenti del SSN appartenenti alle ventidue professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica
Alcuni emendamenti presentati al c.d. decreto bollette ridisegnano completamente l’attuale quadro normativo dell’esclusività di rapporto di cui tratta anche l’articolo 13 del decreto e di cui, con questi emendamenti, si propone una sostanziale riscrittura (emendamenti *13.2. Furfaro, Malavasi, Ciani, Stumpo, Girelli; *13.3. Zanella, Borrelli, Bonelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti; 13.4. Girelli, Malavasi, Furfaro, Stumpo, Ciani).
Queste proposte di modifica riformulano, a mio avviso opportunamente, la norma prevedendo non solo la sua immediata fruibilità del diritto ad esercitare la libera professione ma anche ad omogeneizzare la normativa in materia tra i dipendenti del SSN appartenenti alle otto professioni sanitarie della dirigenza (medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi) e i dipendenti del SSN appartenenti alle ventidue professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica.
Constato, inoltre, che in questi emendamenti vi è molta analogia nei contenuti riformatori con quanto scrissi nel commentare l’entusiasmo nei confronti della presunta caduta dell’esclusività del rapporto di lavoro per le professioni sanitarie di cui alla legge 43/06.
Vorrei ricordare, in particolare per chi crede ancora negli inodissabili e costituzionali principi fondanti della legge 833/78, che il valore aggiunto dato all’esclusività del rapporto di lavoro con il SSN della dirigenza medica e sanitaria non è stato il diritto ad esercitare la libera professione fuori dalle mura dell’azienda sanitaria, considerato, invece, un non valore, bensì il fatto che lo si potesse esercitare all’interno delle mura della azienda sanitaria o in forma allargata in presidi accreditati o nei propri studi o a domicilio dell’utente sulla base di regole concordate e contrattate, per questo ricompensati con una specifica indennità economica di esclusività, tra l’altro pure recentemente adeguata economicamente nonché per un introito riconosciuto alle aziende sanitarie per l’attività svolta da questi professionisti.
Quindi già siamo in presenza di una profonda differenza tra il valore che si dà all’esclusività del rapporto di lavoro tra le professioni sanitarie della dirigenza e di quelle del comparto: per le prime il mantenimento dell’esclusività, ampiamente ricompensato, costituisce il livello più elevato e aulico del rapporto di lavoro con il SSN mentre per le seconde è la perdita dell’esclusività il presunto momento più alto del rapporto di lavoro con il SSN non ricompensato da nulla essendo vincolato da precisi paletti e concesso e autorizzato sulla base da vincoli aziendali abbastanza precisi se non difficili da superare nonché nessun vantaggio economico per le stesse aziende sanitarie, tutt’altro anzi.
Il primo vincolo è che, confermato dallo stesso Ministro, è che siamo in presenza di una sperimentazione con vincoli temporalmente stretti poco più di trenta mesi che nella pubblica amministrazione tra programmazione ed attuazione si traducono in poche settimane reali di spendibilità della norma.
Il secondo vincolo, tuttavia, è dato dal fatto che non si modifica il comma 2 della legge 165/21 che disciplina le modalità con le quali il professionista debba dar corso all’attività che definirei extra moenia o meglio incarico esterno in quanto la norma esclude tassativamente l’applicabilità in questa fattispecie della disciplina dell’esclusività del lavoro della dirigenza medica e sanitaria degli articoli 15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, negando di conseguenza l’applicabilità dell’indennità economica di esclusività della dirigenza medica e sanitaria, come scrissi non professionisti liberi ma liberti si sarebbe detto nell’antica Roma.
Sono attività o incarichi, inoltre, che sono soggetti all’autorizzazione preventiva e vincolante della Azienda di appartenenza subordinata all’obbligo di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del SSN nonché di verificare il rispetto da della normativa sull’orario di lavoro, che, come è noto, la direttiva Ue limitano in 48 ore (straordinario compreso) l’orario massimo settimanale di lavoro e fissano il riposo giornaliero in almeno 11 ore.
L’Azienda dovrà, altresì, attestare che l’autorizzazione concessa non pregiudichi l’obiettivo postole dalla Regione relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all’emergenza pandemica, obiettivo quanto mai arduo e difficile da conseguire già ora.
Non nego che la norma dell’articolo 14 possa essere vissuta dagli interessati come un progresso rispetto alla situazione precedente ritenendo in completa buonafede che potrebbe avvicinare verso una maggiore omogeneizzazione normativa in materia di esercizio della libera professione tra professioni sanitarie della dirigenza sanitaria con le professioni sanitarie di cui alla legge 43/06.
Però a lettura comparata della normativa non siamo in presenza di un integrale superamento dell’esclusività del rapporto di lavoro, invece si dispone che a questi professionisti dipendenti del comparto sanità non si applica il divieto ad esercitare altra attività esterna per poco meno di trenta mesi, qualora il datore di lavoro autorizzasse e concedesse l’esercizio di tale diritto, verificando il rispetto della normativa europea sul tetto massimo di orario di lavoro da svolgere e che l’usufrutto di tale diritto non compromettesse la ordinario funzionamento dell’attività aziendale e quello straordinario per garantire il recupero e lo smaltimento delle liste di attesa.
La norma non mi sembra che specifichi quali incarichi o attività esterni possano essere autorizzati né a quale regime fiscale debbano essere soggetti (partita iva o lavoro dipendente) né a quale contributo previdenziale bisognerà fare riferimento (gestione separata dell’INPS, ENPAPI, o gestione ordinaria INPS) , quindi tutto da precisare con quesiti, circolari interpretative, probabili successivi emendamenti alla norma…tutto nei trenta mesi o poco meno di vigenza della sperimentazione…certamente è quanto mai allora migliore il sistema fiscale e previdenziale delle c.d. prestazioni aggiuntive che non prevede alcuna modifica per il professionista rispetto ai regimi in godimento.
Gli emendamenti proposti, invece omogeneizzano la normativa per le professioni sanitarie, estendendola anche alla professione sociosanitaria di assistente sociale, a quella vigore per la dirigenza medica e sanitaria per l’esercizio del diritto all’esclusività derivante dagli articoli 15 quater, quinques e septies del dlgs 502/92 per i quali è previsto che possano annualmente optare o per l’esercizio dell’attività libero professionale extra moenia o intra moenia e quest’ultimo si configura quale rapporto di lavoro esclusivo apprezzato economicamente e normativamente dalla contrattazione e dall’indennità economica di esclusività, recentemente aumentato ope legis.
Ricordo che tale rapporto di lavoro esclusivo comporta l’esercizio dell’attività professionale nelle seguenti tipologie:
- il diritto all’esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell’impegno di servizio, nell’ambito delle strutture aziendali o in altre non accreditate allo scopo convenzionate con l’azienda individuate dal direttore generale d’intesa con il collegio di direzione;
- la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento svolta in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, all’interno delle strutture aziendali;
- la possibilità’ di partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura allo scopo sanitaria non accreditata, previa convenzione dell’azienda con le predette aziende e strutture;
- la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all’azienda, quando le predette attività siano svolte al di fuori dell’impegno di servizio consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, sentite le equipes dei servizi interessati.
Sono tutte fattispecie che ben si possono riferire alle attività professionali delle professioni di cui alla legge 251/00 e in tal caso, se passasse questo emendamento, le modalità di svolgimento delle attività di cui sopra e i criteri per l’attribuzione dei relativi proventi ai professionisti interessati nonché all’eventuale personale che presti la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Così come l’azienda disciplinerebbe i casi in cui il cittadino possa chiedere all’azienda medesima che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito medesimo, in relazione alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il professionista e l’assistito con riferimento all’attività libero professionale intramuraria già svolta individualmente o in equipe nell’ambito dell’azienda, fuori dell’orario di lavoro.
Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, l’attività libero professionale non potrebbe comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali.
Sarebbe affidata alla disciplina contrattuale nazionale la definizione del corretto equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale nel rispetto dei seguenti principi: l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale, che verrebbe esercitata nella salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per i compiti istituzionali; dovrebbero essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali ed i tempi di attesa concordati con le equipe; l’attività libero professionale sarebbe soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sarebbero individuate penalizzazioni consistenti anche nella sospensione del diritto all’attività stessa, in caso di violazione di tali disposizioni o di quelle contrattuali.
Questo sarebbe il quadro di riferimento per le professioni di cui alla legge 251/00 (cito questa legge perché comprende anche la professione di assistente sociale) se passassero questi emendamenti in una forma omogenea a quanto previsto per le professioni della dirigenza medica e sanitaria.
La suddetta omogeneizzazione continuerebbe il percosso già intrapreso e realizzato nella recente stipula del CCNL del comparto sanità con il quale si è dato corso ad un sistema degli incarichi professionali e gestionali erga omnes i professionisti della salute in maniera analoga e corrispondente al CCCNL della dirigenza medica e sanitaria e cioè per ogni professionista del comparto, come della dirigenza, è previsto, dopo il periodo di prova, un incarico professionale di base e successivamente un incarico professionale di alta specialità o di professionista esperto o specialista o un incarico organizzativo o gestionale.
Sarebbe quanto saggio e lungimirante se Governo e Parlamento accogliessero questi emendamenti considerata visto l’enorme valenza riformatrice e strategica; se ciò non fosse, l’importante è perseverare nell’obiettivo, considerato giusto e alla lunga vincente e tutt’altro un obiettivo irrealizzabile.
Ricordo, come ho già scritto, che in questi decenni ci siamo posti per tutte le professioni sanitarie e sociosanitarie obiettivi che sembravano irrealizzabili se non lucide follie oppure fantasia al potere e sogni ad occhi aperti…oggi, invece, sono parte centrale e strategica della legislazione nazionale e regionale e perché questo non dovrebbe realizzarsi nei tempi che saranno possibili politicamente ma senza disperare sapendo che anche quanto è stato scritto nell’articolo 13 del DL 76/23 è un progressivo e importante passo in avanti verso l’obiettivo principale e realmente discontinuo e innovativo della parità normativa dell’esercizio della libera professione e del rapporto esclusivo tra tutti i dipendenti professionisti della salute del SSN, per il raggiungimento di tale obiettivo, perché questa parità ha anche un enorme valenza costituzionale di medesimi diritti e doveri.
Saverio Proia
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