Commissione d’Albo è titolare di capacità processuale autonoma rispetto a quella facente capo all’Ordine
La vicenda è governata dalle previsioni del d.lgs. 233/1946 (come innovato dall’art. 4 della legge n. 3/2018 – recante “Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie”) e, in particolare, degli artt. 2 comma 1 lett. “c” e 3 comma 2 lett. “b” ed “e”.
Dette disposizioni tracciano un quadro regolativo nel quale la Cao figura quale organo autonomo dell’Ordine professionale (art. 2 comma 1 lett. “c”), abilitato ad “assumere, nel rispetto dell’integrità funzionale dell’Ordine, la rappresentanza esponenziale della professione” (art. 3 comma 2 lett. “b”) e chiamato a “dare il proprio concorso alle autorità locali … nell’attuazione dei provvedimenti che comunque possano interessar(la)” (art. 3 comma 2 lett. “e”).
Le stesse disposizioni delineano, pertanto, in capo alla Cao una posizione giuridica “qualificata” e “differenziata” rispetto a quella della generalità dei consociati, facendone il tutore degli interessi della categoria professionale di cui essa è esponente.
L’illecito professionale, in quanto conseguente ad un esercizio della professione non conforme alle regole, è evenienza che la Commissione ha evidente interesse a segnalare alle autorità competenti, potendone sortire un intervento repressivo volto a ristabilire la regola violata e a ricondurre ad essa il contravventore, nell’interesse dell’intera categoria professionale.
Può dunque affermarsi che nella materia in esame, innervata da legittime aspettative riferibili alla categoria professionale odontoiatrica nel suo insieme, la posizione di organo esponenziale di tali interessi è propria della Cao e la abilita ad attivarsi affinché le regole che governano l’esercizio della professione vengano garantite, nel rispetto, da parte di tutti gli operatori, del prestigio della professione, oltre che delle regole di par condicio e di leale concorrenza.