Coronavirus. Carbone (Fials) su decreto sanità: “Chiediamo più tutele e risorse economiche per le professioni sanitarie”
La Federazione chiede un’“indennità specifica per COVID-19” mensile e a partire da febbraio, per le professioni sanitarie, in particolare, e socio sanitarie della sanità pubblica e privata, a carico dei rispettivi bilanci. No alla deroga ai limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai contratti e dalle norme europee
“Condividiamo e apprezziamo le scelte fatte dal Governo, come quelle di ieri sera, per contenere la diffusione dell’epidemia di Covid-19 e per mettere in sicurezza il nostro Servizio Sanitario Nazionale che ad oggi rischia il collasso. Bene rendere in sicurezza tutta l’intera nazione e investire in risorse umane. Un provvedimento importante, quello del decreto legge n. 14 di marzo scorso, da noi fortemente richiesto, che stanzia risorse economiche per l’assunzione di nuovo personale nella sanità pubblica e rappresenta non solo una boccata d’ossigeno per tutti i professionisti che quotidianamente stanno combattendo una difficile battaglia”.
Così Giuseppe Carbone, Segretario Generale della Fials, che dà atto dell’impegno concreto del Ministro della Salute, Roberto Speranza e del Presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ma un decreto che necessariamente merita di essere integrato e perfezionato prima della conversione in legge.
In particolare, con l’art.1, prevedere l’assunzione anche di operatori socio sanitari insieme alle professioni sanitarie e che nei confronti di questi dipendenti si applichi la stessa norma definita per i dirigenti sanitari e medici – art. 2 del decreto –, “Le attività professionali costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l’assunzione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”, oltre al ricorso a conferire incarichi di lavoro autonomo, a tutte le professioni sanitarie collocate in quiescenza e non solo a personale medico e a personale infermieristico.
Merita approfondimenti ed esplicite integrazioni, al fine della tutela della salute degli operatori e degli stessi pazienti ed utenti, quanto riportato all’art. 7 del decreto che prevede “la non applicabilità della misura della quarantena agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali” che dovranno sospendere l’attività solo nel caso di sintomatologia respiratoria e esito positivo per Covid-19”.
Una “indennità specifica per COVID-19” mensile e a partire da febbraio, deve essere riconosciuta alle professioni sanitarie, in particolare, e socio sanitarie della sanità pubblica e privata, a carico dei rispettivi bilanci. Questa la nostra richiesta, afferma Carbone, da integrare nell’art. 8 del decreto che prevede, un compenso lordo di 40 euro ad ora, per i medici di medicina generale o al pediatra di libera scelta o ad ulteriori medici di continuità assistenziale, che faranno parte dell’”Unità speciale di continuità assistenziale”, in servizio solo dalle ore 8 alle ore 20,00, per garantire l’attività assistenziale ordinaria per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.
Partendo dall’esigenza indifferibile che il personale sanitario e socio sanitario debba essere dotato di tutti i dispositivi di prevenzione, non si condivide, denuncia Carbone, la deroga ai limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai contratti e dalle norme europee. L’art. 13 del decreto deve essere rivisitato perché non possono essere certamente le situazioni di gestione dell’emergenza “Coronavirus” a condizionare la salute di chi lavora in sanità, perché queste situazioni non pongono in sicurezza gli stessi operatori.
Necessita definire, conclude il leader della Fials, un “Accordo Quadro Nazionale” tra sindacati di categoria rappresentativi e Ministero della Salute (senza le Rappresentanze Sindacali Unitarie come riporta erroneamente il comma 2 dell’art. 13), dove definire la eventuale possibilità del ricorso a specifiche deroghe all’orario di lavoro solo in casi contingenti, straordinari e documentabili, di assenza di sostituzioni di personale in servizio e non per carenza degli stessi.