Coronavirus. Fials-Confsal: “Una normativa a protezione degli operatori sanitari impegnati a far fronte all’emergenza
Necessita varare subito una norma a “protezione” dei professionisti e dirigenti impegnati a far fronte all’emergenza epidemica. Ma no ad una tutela dei datori di lavoro si tradurrebbe nella norma ‘sbarra la strada’ a qualsiasi possibilità di risarcimento, sia per i cittadini che per il personale sanitario che ha già subito, o subirà, danni alla propria salute. Questa la presa di posizione dei segretari generali di Fials e Confsal nella videoconferenza con il Ministero della Salute.
“Il Ministero della Salute e il Governo devono prendere atto che in questo momento di emergenza Covid-19, tutto il personale sanitario, come la dirigenza del ruolo professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio Sanitario Nazionale, sono coinvolti in qualcosa di enorme e impensabile, e la loro responsabilità professionale non può essere gestita con le regole ordinarie della legge Gelli”.
Così il Segretario Generale della Fials, Giuseppe Carbone, nella videoconferenza di ieri con il Ministero della Salute sulla responsabilità professionale della dirigenza della Sanità.
Necessita varare subito una norma a “protezione” dei professionisti e dirigenti impegnati a far fronte all’emergenza epidemica. “Riteniamo –dichiara Carbone-, come la mancanza di dispositivi di protezione individuale, il costante trasferimento degli infermieri ed Oss, dai diversi reparti a quelli Covid-19, senza l’adeguata preventiva formazione, ha prodotto, non solo la morte di diversi medici ed operatori sanitari e socio sanitari, ma anche il contagio al Covid-19 di migliaia di operatori sanitari e diversi sono divenuti veicoli del diffondersi del virus Covid -19 per il forte ritardo dell’esito dei tamponi o per la mancanza degli stessi tamponi e ha provocato forme di contagio tra operatore e paziente e tra operatori nell’ambito dei vari servizi”.
“Per questo la necessità di non fare ricadere sul personale sanitario delle responsabilità professionali, di cui alla legge la Legge 24/2017 (Gelli), ma necessita approntare uno scudo totale per le responsabilità penali, civili ed erariali per tutti coloro che lavorano in sanità: i conti si faranno dopo, a cominciare da un ripensamento totale della sanità pubblica come quella privata. Proprio nel momento più difficile per tutte le categorie professionali del mondo della sanità, aggiungere, alla forzata esposizione al rischio per la propria incolumità personale, il potenziale assoggettamento a nuove campagne accusatorie, favorite dalla contingenza del momento appare, oltre che patologico, oggettivamente inaccettabile”, prosegue Carbone.
“La responsabilità civile degli esercenti la professione sanitaria, quella professionale, tecnica ed amministrativa – sostiene Carbone – deve essere limitata ai casi di dolo e colpa grave e, sul versante penale, la punibilità sarebbe limitata ai soli casi di colpa grave. Diverse le variabili da tenere in considerazione tra cui l’eccezionalità della situazione e la disponibilità di attrezzature e personale”.
“Siamo nettamente contrari alla tutela dei datori di lavoro – ha affermato il Segretario Generale Confsal Angelo Raffaele Margiotta – perché si tradurrebbe nella norma ‘sbarra la strada’ a qualsiasi possibilità di risarcimento, sia per i cittadini che per il personale sanitario che ha già subito, o subirà, danni alla propria salute, spesso con gravi esiti dal punto di vista funzionale e in molti casi perfino con la morte. Riteniamo che non sia possibile accomunare le istanze di protezione di strutture con quelle degli operatori. Questo non è accettabile perché aggiungerebbe al danno la beffa per i tanti che in questa drammatica vicenda hanno perso la vita e che perderebbero anche la dignità di essere ricordati come vittime innocenti”.
“Riteniamo, invece, che sia ipotizzabile che alle vittime del contagio decedute in conseguenza della pandemia, l’Autorità governativa appronti uno schema di indennizzo anche al fine di sollevare le Strutture pubbliche o private dall’onere di rispondere alle richieste risarcitorie che per forza di cose perverranno.
Stesso schema e stesso strumento deve essere adottato per il ristoro dei danni fisici e morali subiti dal personale sanitario impegnati nel contrasto e nelle cure ai pazienti contagiati. Andrebbe, quindi previsto un indennizzo, da sovrapporsi all’indennizzo Inail a titolo di differenziale, al personale deceduto per cause di servizio, al personale che ha contratto il virus in servizio ed è stato costretto ad un periodo di quarantena ed al personale contagiato che ha subito ripercussioni sul piano della salute dal solo fatto di aver contratto il virus per cause di servizio. Naturalmente l’indennizzo, per ogni deversa fattispecie andrà graduato in base a parametri che andranno fissati dal Legislatore”.
“Deve essere chiaro – concludono Carbone e Margiotta – che devono essere istituiti due specifici fondi per ‘indennizzare’ il personale contagiato e per le vittime”.