Decreto “Maggio”. Per la sanità un pacchetto di misure per ulteriori 2,7 miliardi. Interventi su territorio, rete ospedaliera e personale. Attesi 4/5mila contratti di specializzazione in più
Questo quanto scaturito dal vertice di maggioranza di ieri notte. Speranza ha preparato un progetto dettagliato con diverse misure di potenziamento dell’assistenza territoriale e ospedaliera. Nuovi incentivi per il personale e più contratti per le specializzazioni medicihe. Dopo una trattaiva con il Mef sembrerebbe ormai certo che il Ssn potrà contare su un ulteriore iniezione di liquidità dopo il miliardo e 400 milioni del Cura Italia. Il fondo sanitario 2020 potrebbe così toccare quota 120,7 miliardi di euro.
Dopo il vertice di maggioranza di ieri sera nel prossimo decreto legge di maggio, atteso nel fine settimana in Consiglio dei Ministri, potrebbe arrivare per un pacchetto di misure da 3,2 miliardi per l’emergenza Covid in sanità. Più in particolare, 2,7 miliardi verranno destinati al comparto sanitario mentre ulteriori 500 milioni andranno alla Protezione civile per affrontare l’emergenza Covid-19.
Per la sanità si prevede una serie di interventi per l’assistenza sul territorio, per gli ospedali, per il personale e per il potenziamento dei contratti di specializzazione. Il dettaglio degli interventi è stato messo a punto in una proposta del ministro della Salute che prevedeva inizalmente un finanziamento complessivo per circa 4 miliardi.
Su questa base è iniziato un confronto serrato in questi giorni tra Mef e Salute che ha portato infine all’accordo di ieri notte per un budget per il Ssn di 2,7 miliardi che andranno ad aggiungersi al fondo sanitario 2020, già incrementato di 1,410 miliardi dal decreto “Cura Italia”.
Per quest’anno quindi la sanità potrebbe contare su un budget complessivo di circa 120,7 miliardi. Con le nuove risorse del decreto “Maggio”, seguendo quanto previsto dal piano di Speranza, potrebbero essere questi gli interventi principali da attuare da subito in quattro settori.
1. Assistenza territoriale. Si parte da una premessa, la Fase 2 dovrà essere orientata alla gestione dell’infezione e del contagio, vale a dire isolamento precoce dei casi e dei contatti stretti, protezione delle popolazioni più vulnerabili e riequilibrio dell’offerta assistenziale anche per gli ambiti non Covid. Nell’ambito dell’attività di sorveglianza, dovranno essere valutate le singole condizioni relazionali, abitative e sociali, e, qualora non risultino idonee a garantire l’isolamento, dovranno essere rese disponibili strutture alberghiere o altri immobili con analoghe caratteristiche, per ospitare persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare.
Per la sorveglianza attiva dovranno essere messe a disposizione dei pazienti apparecchiature per il monitoraggio della saturimetria, anche attraverso le app di telefonia mobile, in modo di garantire un costante monitoraggio della saturazione di ossigeno dell’emoglobina, parametro fondamentale per definire il setting terapeutico assistenziale più adeguato, nel modo più tempestivo possibile.
Per migliorare l’assistenza domiciliare verrà inoltre potenziata l’assistenza infermieristica sul territorio. Nel documento viene calcolato un fabbisogno di 8 unità di personale infermieristico ogni 50.000 abitanti, in linea con quanto previsto per l’Usca, che costituisce la dotazione necessaria per garantire una copertura del servizio dalle ore 8 alle ore 20, per cinque giorni settimanali, con turnazione del personale infermieristico.
2. Rete ospedaliera. In considerazione della verifica dei posti letto esistenti e aggiuntivi attivati dalle regioni nella prima fase emergenziale, nel documento del Ministero della Salute si ritiene necessario rendere strutturale un’ulteriore dotazione di 3.625 posti letto di Terapia Intensiva, corrispondente all’incremento del 70% del numero di posti letto di terapia intensiva. Tale incremento determina una dotazione per ciascuna Regione pari a 0,15 posti letto per mille abitanti.
A questi si aggiunge un ulteriore incremento di 6.036 posti letto di semintensiva, di cui il 50% prontamente convertibile in posti letto di Terapia Intensiva con sola implementazione delle attrezzature per la ventilazione meccanica e monitoraggio, mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica.
Sarà, inoltre, resa disponibile una dotazione di 600 posti letto suddivisa in 4 strutture movimentabili. Per ciascuna struttura è prevista una dotazione di 150 pl. Le strutture saranno allocate preferibilmente in aree attrezzabili, che dovranno essere individuate da ciascuna Regione. Tali strutture potranno garantire l’ulteriore copertura della domanda assistenziale in occasione di eventuali picchi emergenziali.
Dei posti letto di “area medica Covid-19”, già resi disponibili nella prima fase emergenziale, si prevede che almeno 6.036 siano ristrutturati ed attrezzati per assistenza non invasiva, comprendente l’erogazione di ossigeno.
3. Personale Ssn. Al fine poi di consentire a ciascuna azienda ed ente del Ssn di poter garantire l’effettiva remunerazione di tutte le prestazioni necessarie per far fronte all’emergenza sanitaria, incluse le indennità, si prevede che le regioni possano incrementare, con risorse proprie disponibili a legislazione vigente, le risorse già previste dal comma 2 dell’articolo 1 del Decreto 18 (Cura Italia), fino al doppio degli importi assegnati a ciascuna regione.
Inoltre, per consentire alle regioni di far fronte agli ulteriori oneri derivanti dall’esigenza di remunerare tutte le prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale dipendente delle aziende e degli enti del Ssn, il documento autorizzava, per l’incremento dei relativi fondi contrattuali, l’ulteriore spesa di 250 milioni di euro, a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per l’anno 2020.
4. Contratti specializzazioni. La proposta punta ad aumentare il numero dei contratti di formazione specialistica dei medici, sia al fine di superare la attuale carenza di medici specialisti nel servizio sanitario nazionale sia al fine di contrastare l’attuale imbuto formativo derivante dal disequilibrio tra il numero annuo di neolaureati in medicina e chirurgia ed il numero di contratti di formazione specialistica finanziati dallo Stato. Si parla di un incremento che potrebbe tra i 4 e i 5mila contratti in più.