Educatore professionale: Equivalenza, Albi e Ordine, scenari per il futuro
Non esistono soluzioni semplici a un problema complesso: occorre ripartire da un disegno di lungo respiro che consolidi questa professione al servizio dei cittadini e non di altri portatori d’interesse, magari passando per un periodo intermedio dove si possano pacificare gli animi infiammati da questi anni di caos e d’incuria
La figura dell’Educatore professionale ha avuto uno sviluppo complesso nel nostro Paese: un profilo e una qualifica distinti ma, sovrapposti negli ambiti d’intervento; due formazioni diverse di ambito universitario; molti titoli riconducibili e curriculum individuali differenti tra regioni. Il recente passaggio sull’equivalenza dei titoli e la convergenza verso Albi e Ordine professionale, sono tappe importanti verso la normalizzazione di questa figura: soluzione però che non risolve tutti i problemi e non accontenta tutti.
Equivalenza titoli
A vent’anni dalla pubblicazione della Legge 42/99, il Ministero della Salute e la Conferenza Stato/Regioni hanno dato il via libera alle procedure di riconoscimento di equivalenza dei titoli della figura dell’Educatore professionale. La Legge si è posta l’obiettivo (lungimirante) di stabilizzare nel Paese la giungla dei titoli riconducibili ai 22 profili sanitari definiti per Decreto. In una prima fase sono stati pubblicati i decreti di equipollenza (a questi link quelli per l’EP 1–2; la seconda tabella allegata integra la prima); successivamente le Regioni hanno emanato i bandi di riconoscimento dell’equivalenza dei titoli per tutte le figure tranne che per l’Educatore professionale per il quale è stato necessario anticipare un passaggio di revisione dell’equipollenza.
Oggi finalmente con un accordo tra Ministero della Salute e Regioni in sede di Conferenza dei Servizi, tenutasi in data 19/12/2019, è stato approvato lo schema di avviso pubblico per la presentazione delle domande di equivalenza dei titoli di EP (se di interesse, si legga il preambolo normativo della DGR 19 del 7/01/2020 della Regione Emilia Romagna che riporta tutti i passaggi di Legge essenziali per la ricostruzione di questa vicenda normativa).
E’ partito così, in alcune Regioni con l’estensione da farsi a tutte in Italia, il percorso che serve a riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari (oggi laurea di primo livello in Snt2), altri titoli conseguiti conformemente all’ordinamento in vigore prima dell’emanazione dei decreti d’individuazione dei profili professionali (per EP DM 520/98) ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post-base, con riferimento all’iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al D.P.R. n. 761/79, allo stato giuridico dei dipendenti degli altri comparti del settore pubblico e privato, alla qualità e durata dei corsi e, se del caso, al possesso di una pluriennale esperienza professionale.
In sostanza l’equivalenza, come l’equipollenza, consentirà all’interessato di partecipare ai concorsi pubblici in sanità, di iscriversi all’Albo professionale, di intraprendere percorsi formativi alla laurea di primo livello (con l’eventualità di vedersi attribuiti dei debiti formativi) e alla formazione continua ECM, di esercitare la professione di Educatore professionale oggi rinominato socio sanitario.
Ordine, Albo, Elenchi speciali
Con la pubblicazione della Circolare 87/bis del 23 dicembre 2019, la Federazione TSRM-PSTRP ha invocato un “urgente intervento interministeriale” che ponga fine all’incertezza normativa sull’esercizio della professione di Educatore professionale socio sanitario e socio pedagogico, richiamando il principio della tutela delle persone assistite da questo professionista.
L’incertezza interpretativa dell’impiego delle due figure, risolta sufficientemente col Decreto 520/98 per l’EP socio sanitario, un po’ meno (a mio avviso) nei commi delle leggi di bilancio 2018 e 2019 per l’EP socio pedagogico, con la forzatura introdotta di recente della spendibilità di quest’ultimo nei servizi e nei presidi socio sanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio educativi (comma 594 della Legge 145/2018), si è sovrapposta alla scadenza dell’iscrizione agli elenchi speciali (prorogata al 30/06/2020), determinando un mix esplosivo che ha imposto all’Ordine di procedere con cautela sulla obbligatorietà dell’iscrizione richiedendo, appunto, un intervento chiarificatore da parte dei Ministeri competenti.
Su questo punto mi permetto di annoiare il lettore, ricordando un passaggio della storia professionale nel quale sono stato coinvolto personalmente, solo per suggerire di non farsi troppe attese dal chiarimento ministeriale. In seguito a pressioni associative sul MIUR, con Decreto Direttoriale 18 ottobre 2001, fu istituito un gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Pinchera, che aveva lo scopo di “esaminare il problema del curriculum degli studi e gli sbocchi occupazionali dell’Educatore professionale, la cui formazione è prevista nei DDMM 4.8.2000 (classe 18 Scienze dell’Educazione) e 2.4.2000 (classe delle lauree delle professioni sanitarie riabilitative)”.
Il Gruppo di lavoro che stentò a riunirsi per mancanza del designato del Ministero della Sanità, si incontro un paio di volte tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 e fu animato da un vivace scambio di punti di vista approdando però a un risultato di scarso rilievo: con il DM 22 maggio 2003, infatti, fu solamente modificato l’allegato 18 del decreto istitutivo della medesima classe di laurea eliminando la frase che contemplava i 35 CFU di ambito igienico sanitario introdotti nell’ordinamento di Scienze della Formazione.
La nostra richiesta all’epoca era di forzare una formazione interfacoltà, prevista dall’Ordinamento istitutivo le nuove classi di laurea universitarie, ma la rigidità dei percorsi e l’interesse legittimo dei due contendenti hanno fatto sì che il problema fosse rinviato. Oggi, dopo circa sedici anni, siamo ancora fermi a quel punto: chiedere ai Ministeri che diano una soluzione al problema della doppia formazione e sbocchi occupazionali certi per le due figure. Mi auguro che l’autorevolezza dell’Ordine renda più incisiva la richiesta di chiarimento, magari corredandola con una proposta di soluzione.
Nel frattempo sono salite a 8.562 le iscrizioni ai 61 albi dell’EP presso i rispettivi ordini provinciali dei TSRM-PSTRP (erano 6.007 a fine agosto 2019); sono 182 invece, le iscrizioni agli elenchi speciali (a fronte delle 10.348 domande – praticamente oltre il 50% delle domande presentate complessivamente sui 19 diversi profili – fonte dati A.Mastrillo), iscrizioni che hanno avuto peraltro una battuta d’arresto presumibilmente per l’effetto del Decreto mille proroghe 2020 che rimanda il termine di scadenza al 30 giugno p.v. per i professionisti rimasti fuori dagli albi e per la difficoltà degli ordini provinciali a districare il complicato mondo degli EP.
Il quadro normativo attuale
Il quadro che si è composto con le ultime modifiche normative sopraggiunte è il seguente:
1) professione di Educatore professionale socio sanitario, collocato nell’ambito sanitario della riabilitazione (Ex Decreto 502/92 e ss.mm.ii.) e in quello dell’integrazione socio-sanitaria (ex Decreto 229/99 e Legge 3/2018) che ha un proprio sviluppo formativo e professionale con Master nelle funzioni di coordinamento e Laurea magistrale in scienze riabilitative delle professioni sanitarie, entrambi da conseguire presso le Facoltà di Medicina e Chirurgia; questo professionista ha l’obbligatorietà d’iscrizione all’Albo presso l’Ordine TSRM-PSTRP;
2) qualifica di Educatore professionale socio pedagogico, collocato nell’ambito sociale (ex comma 594 della Legge 205/17) che ha un proprio sviluppo formativo e professionale con la Laurea magistrale in programmazione e gestione dei servizi educativi, scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, scienze pedagogiche, da conseguire presso le Facoltà di Scienze della formazione e dell’educazione. Per questo professionista non è prevista obbligatorietà d’iscrizione all’Albo e Ordine professionale. E’ possibile che diversi tra questi professionisti, abbiano fatto richiesta di entrare negli elenchi speciali a esaurimento presso l’Ordine TSRM-PSTRP; in molte circostanze di lavoro sarebbe opportuno fossero ammessi, sempreché l’interpretazione normativa consenta loro di farlo. (NB: mi sono sempre chiesto perché nell’impianto dell’EP socio pedagogico non vi sia alcun aggancio con la L. 328/2000 – Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali).
Gli scenari futuri
Lo scenario che ci possiamo aspettare per il futuro prossimo è duplice:
Ipotesi a
1) il consolidamento di profilo e formazione distinte di educatore professionale socio sanitario e socio pedagogico;
2) la definizione delle riserve professionali per l’EP socio sanitario che presenta vincoli normativi chiari di abilitazione all’esercizio professionale;
3) l’iscrizione ad Albi ed Elenchi speciali per chi lavora in ambito sanitario e socio sanitario.
NB) per il profilo socio sanitario di EP auspico un consolidamento nel solco del decreto 229/99 (art. 3 septies – integrazione socio sanitaria) che riporta: 1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono: a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.
Ipotesi b
1) un profilo e formazione unica di Educatore professionale;
2) equipollenze, equivalenze per sanare le situazioni precedenti non ancora ricomprese;
3) albo e ordine professionale a garanzia del concetto di salute dei cittadini (intesa in senso ampio sociale e sanitaria).
Separatezza, scontri mediatici e soluzioni semplicistiche.
Nel caos normativo generato sulla professione, il legislatore tenta una ricomposizione con provvedimenti a volte forieri di nuova confusione per i professionisti, per i datori di lavoro e per i cittadini che usufruiscono dei servizi. Vista dall’esterno la situazione degli EP italiani è incomprensibile: due professioni con due percorsi formativi che nella realtà di lavoro si confondono costantemente.
Per non parlare dei contratti di lavoro che tra Enti pubblici, privati e del non profit vedono oltre dodici fattispecie con collocamenti di fascia e condizioni economiche distinte. Rilevo peraltro, che quest’ultima condizione è motivo ostativo alla mobilità dei professionisti tra comparti, di un’occupazione che presenta molte caratteristiche dei lavori usuranti e a rischio di burnout.
Dove c’è separatezza ci sono sempre parti schierate, a favore o contro qualcuno: i social media hanno accentuato questo processo, forgiando le opinioni delle persone su ricostruzioni spesso fantasiose alimentate da quel tocco di aggressività, costante in crescita della nostra società.
Non è semplice trovare una soluzione, soprattutto quando in gioco ci sono realtà strutturate e spesso concorrenti:
– EP presenti da oltre trentacinque anni nelle aziende sanitarie del paese, con corsi di laurea di medicina e chirurgia che da quindici anni formano professionisti e sono in cammino per la costruzione di un’epistemologia della “social health education”;
– decine di migliaia di Educatori formati nei numerosi corsi di laurea di ambito sociale che premono per affermare le prerogative pedagogiche della professione anche attraverso docenti e ricercatori incardinati nel sistema universitario;
– datori di lavoro che ospitano una varietà di titoli riconducibili all’EP e che potrebbero entrare in crisi e mettere a repentaglio i servizi ai cittadini con decisioni troppo rigide.
Interessi legittimi, si direbbe, alimentati da scelte del passato difficili da mettere in discussione. Ricorsi ai TAR, petizioni, commissioni parlamentari, sono la cronaca alla quale assistiamo da molto tempo. Non esistono soluzioni semplici a un problema complesso: occorre ripartire da un disegno di lungo respiro che consolidi la professione al servizio dei cittadini e non di altri portatori d’interesse, magari passando per un periodo intermedio dove si possano pacificare gli animi infiammati da questi anni di caos e d’incuria.
Francesco Crisafulli
Educatore professionale e MD
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Non esistono soluzioni semplici a un problema complesso: occorre ripartire da un disegno di lungo respiro che consolidi questa professione al servizio dei cittadini e non di altri portatori d’interesse, magari passando per un periodo intermedio dove si possano pacificare gli animi infiammati da questi anni di caos e d’incuria
La figura dell’Educatore professionale ha avuto uno sviluppo complesso nel nostro Paese: un profilo e una qualifica distinti ma, sovrapposti negli ambiti d’intervento; due formazioni diverse di ambito universitario; molti titoli riconducibili e curriculum individuali differenti tra regioni. Il recente passaggio sull’equivalenza dei titoli e la convergenza verso Albi e Ordine professionale, sono tappe importanti verso la normalizzazione di questa figura: soluzione però che non risolve tutti i problemi e non accontenta tutti.
Equivalenza titoli
A vent’anni dalla pubblicazione della Legge 42/99, il Ministero della Salute e la Conferenza Stato/Regioni hanno dato il via libera alle procedure di riconoscimento di equivalenza dei titoli della figura dell’Educatore professionale. La Legge si è posta l’obiettivo (lungimirante) di stabilizzare nel Paese la giungla dei titoli riconducibili ai 22 profili sanitari definiti per Decreto. In una prima fase sono stati pubblicati i decreti di equipollenza (a questi link quelli per l’EP 1–2; la seconda tabella allegata integra la prima); successivamente le Regioni hanno emanato i bandi di riconoscimento dell’equivalenza dei titoli per tutte le figure tranne che per l’Educatore professionale per il quale è stato necessario anticipare un passaggio di revisione dell’equipollenza.
Oggi finalmente con un accordo tra Ministero della Salute e Regioni in sede di Conferenza dei Servizi, tenutasi in data 19/12/2019, è stato approvato lo schema di avviso pubblico per la presentazione delle domande di equivalenza dei titoli di EP (se di interesse, si legga il preambolo normativo della DGR 19 del 7/01/2020 della Regione Emilia Romagna che riporta tutti i passaggi di Legge essenziali per la ricostruzione di questa vicenda normativa).
E’ partito così, in alcune Regioni con l’estensione da farsi a tutte in Italia, il percorso che serve a riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari (oggi laurea di primo livello in Snt2), altri titoli conseguiti conformemente all’ordinamento in vigore prima dell’emanazione dei decreti d’individuazione dei profili professionali (per EP DM 520/98) ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post-base, con riferimento all’iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al D.P.R. n. 761/79, allo stato giuridico dei dipendenti degli altri comparti del settore pubblico e privato, alla qualità e durata dei corsi e, se del caso, al possesso di una pluriennale esperienza professionale.
In sostanza l’equivalenza, come l’equipollenza, consentirà all’interessato di partecipare ai concorsi pubblici in sanità, di iscriversi all’Albo professionale, di intraprendere percorsi formativi alla laurea di primo livello (con l’eventualità di vedersi attribuiti dei debiti formativi) e alla formazione continua ECM, di esercitare la professione di Educatore professionale oggi rinominato socio sanitario.
Ordine, Albo, Elenchi speciali
Con la pubblicazione della Circolare 87/bis del 23 dicembre 2019, la Federazione TSRM-PSTRP ha invocato un “urgente intervento interministeriale” che ponga fine all’incertezza normativa sull’esercizio della professione di Educatore professionale socio sanitario e socio pedagogico, richiamando il principio della tutela delle persone assistite da questo professionista.
L’incertezza interpretativa dell’impiego delle due figure, risolta sufficientemente col Decreto 520/98 per l’EP socio sanitario, un po’ meno (a mio avviso) nei commi delle leggi di bilancio 2018 e 2019 per l’EP socio pedagogico, con la forzatura introdotta di recente della spendibilità di quest’ultimo nei servizi e nei presidi socio sanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio educativi (comma 594 della Legge 145/2018), si è sovrapposta alla scadenza dell’iscrizione agli elenchi speciali (prorogata al 30/06/2020), determinando un mix esplosivo che ha imposto all’Ordine di procedere con cautela sulla obbligatorietà dell’iscrizione richiedendo, appunto, un intervento chiarificatore da parte dei Ministeri competenti.
Su questo punto mi permetto di annoiare il lettore, ricordando un passaggio della storia professionale nel quale sono stato coinvolto personalmente, solo per suggerire di non farsi troppe attese dal chiarimento ministeriale. In seguito a pressioni associative sul MIUR, con Decreto Direttoriale 18 ottobre 2001, fu istituito un gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Pinchera, che aveva lo scopo di “esaminare il problema del curriculum degli studi e gli sbocchi occupazionali dell’Educatore professionale, la cui formazione è prevista nei DDMM 4.8.2000 (classe 18 Scienze dell’Educazione) e 2.4.2000 (classe delle lauree delle professioni sanitarie riabilitative)”.
Il Gruppo di lavoro che stentò a riunirsi per mancanza del designato del Ministero della Sanità, si incontro un paio di volte tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 e fu animato da un vivace scambio di punti di vista approdando però a un risultato di scarso rilievo: con il DM 22 maggio 2003, infatti, fu solamente modificato l’allegato 18 del decreto istitutivo della medesima classe di laurea eliminando la frase che contemplava i 35 CFU di ambito igienico sanitario introdotti nell’ordinamento di Scienze della Formazione.
La nostra richiesta all’epoca era di forzare una formazione interfacoltà, prevista dall’Ordinamento istitutivo le nuove classi di laurea universitarie, ma la rigidità dei percorsi e l’interesse legittimo dei due contendenti hanno fatto sì che il problema fosse rinviato. Oggi, dopo circa sedici anni, siamo ancora fermi a quel punto: chiedere ai Ministeri che diano una soluzione al problema della doppia formazione e sbocchi occupazionali certi per le due figure. Mi auguro che l’autorevolezza dell’Ordine renda più incisiva la richiesta di chiarimento, magari corredandola con una proposta di soluzione.
Nel frattempo sono salite a 8.562 le iscrizioni ai 61 albi dell’EP presso i rispettivi ordini provinciali dei TSRM-PSTRP (erano 6.007 a fine agosto 2019); sono 182 invece, le iscrizioni agli elenchi speciali (a fronte delle 10.348 domande – praticamente oltre il 50% delle domande presentate complessivamente sui 19 diversi profili – fonte dati A.Mastrillo), iscrizioni che hanno avuto peraltro una battuta d’arresto presumibilmente per l’effetto del Decreto mille proroghe 2020 che rimanda il termine di scadenza al 30 giugno p.v. per i professionisti rimasti fuori dagli albi e per la difficoltà degli ordini provinciali a districare il complicato mondo degli EP.
Il quadro normativo attuale
Il quadro che si è composto con le ultime modifiche normative sopraggiunte è il seguente:
1) professione di Educatore professionale socio sanitario, collocato nell’ambito sanitario della riabilitazione (Ex Decreto 502/92 e ss.mm.ii.) e in quello dell’integrazione socio-sanitaria (ex Decreto 229/99 e Legge 3/2018) che ha un proprio sviluppo formativo e professionale con Master nelle funzioni di coordinamento e Laurea magistrale in scienze riabilitative delle professioni sanitarie, entrambi da conseguire presso le Facoltà di Medicina e Chirurgia; questo professionista ha l’obbligatorietà d’iscrizione all’Albo presso l’Ordine TSRM-PSTRP;
2) qualifica di Educatore professionale socio pedagogico, collocato nell’ambito sociale (ex comma 594 della Legge 205/17) che ha un proprio sviluppo formativo e professionale con la Laurea magistrale in programmazione e gestione dei servizi educativi, scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, scienze pedagogiche, da conseguire presso le Facoltà di Scienze della formazione e dell’educazione. Per questo professionista non è prevista obbligatorietà d’iscrizione all’Albo e Ordine professionale. E’ possibile che diversi tra questi professionisti, abbiano fatto richiesta di entrare negli elenchi speciali a esaurimento presso l’Ordine TSRM-PSTRP; in molte circostanze di lavoro sarebbe opportuno fossero ammessi, sempreché l’interpretazione normativa consenta loro di farlo. (NB: mi sono sempre chiesto perché nell’impianto dell’EP socio pedagogico non vi sia alcun aggancio con la L. 328/2000 – Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali).
Gli scenari futuri
Lo scenario che ci possiamo aspettare per il futuro prossimo è duplice:
Ipotesi a
1) il consolidamento di profilo e formazione distinte di educatore professionale socio sanitario e socio pedagogico;
2) la definizione delle riserve professionali per l’EP socio sanitario che presenta vincoli normativi chiari di abilitazione all’esercizio professionale;
3) l’iscrizione ad Albi ed Elenchi speciali per chi lavora in ambito sanitario e socio sanitario.
NB) per il profilo socio sanitario di EP auspico un consolidamento nel solco del decreto 229/99 (art. 3 septies – integrazione socio sanitaria) che riporta: 1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono: a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite; b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.
Ipotesi b
1) un profilo e formazione unica di Educatore professionale;
2) equipollenze, equivalenze per sanare le situazioni precedenti non ancora ricomprese;
3) albo e ordine professionale a garanzia del concetto di salute dei cittadini (intesa in senso ampio sociale e sanitaria).
Separatezza, scontri mediatici e soluzioni semplicistiche.
Nel caos normativo generato sulla professione, il legislatore tenta una ricomposizione con provvedimenti a volte forieri di nuova confusione per i professionisti, per i datori di lavoro e per i cittadini che usufruiscono dei servizi. Vista dall’esterno la situazione degli EP italiani è incomprensibile: due professioni con due percorsi formativi che nella realtà di lavoro si confondono costantemente.
Per non parlare dei contratti di lavoro che tra Enti pubblici, privati e del non profit vedono oltre dodici fattispecie con collocamenti di fascia e condizioni economiche distinte. Rilevo peraltro, che quest’ultima condizione è motivo ostativo alla mobilità dei professionisti tra comparti, di un’occupazione che presenta molte caratteristiche dei lavori usuranti e a rischio di burnout.
Dove c’è separatezza ci sono sempre parti schierate, a favore o contro qualcuno: i social media hanno accentuato questo processo, forgiando le opinioni delle persone su ricostruzioni spesso fantasiose alimentate da quel tocco di aggressività, costante in crescita della nostra società.
Non è semplice trovare una soluzione, soprattutto quando in gioco ci sono realtà strutturate e spesso concorrenti:
– EP presenti da oltre trentacinque anni nelle aziende sanitarie del paese, con corsi di laurea di medicina e chirurgia che da quindici anni formano professionisti e sono in cammino per la costruzione di un’epistemologia della “social health education”;
– decine di migliaia di Educatori formati nei numerosi corsi di laurea di ambito sociale che premono per affermare le prerogative pedagogiche della professione anche attraverso docenti e ricercatori incardinati nel sistema universitario;
– datori di lavoro che ospitano una varietà di titoli riconducibili all’EP e che potrebbero entrare in crisi e mettere a repentaglio i servizi ai cittadini con decisioni troppo rigide.
Interessi legittimi, si direbbe, alimentati da scelte del passato difficili da mettere in discussione. Ricorsi ai TAR, petizioni, commissioni parlamentari, sono la cronaca alla quale assistiamo da molto tempo. Non esistono soluzioni semplici a un problema complesso: occorre ripartire da un disegno di lungo respiro che consolidi la professione al servizio dei cittadini e non di altri portatori d’interesse, magari passando per un periodo intermedio dove si possano pacificare gli animi infiammati da questi anni di caos e d’incuria.
Francesco Crisafulli
Educatore professionale e MD
© RIPRODUZIONE RISERVATA