Infermieri scolastici. “Sono un avamposto di sicurezza strategico. E l’Italia è in ritardo”. Intervista a Barbara Mangiacavalli (Fnopi)
Per la riapertura delle scuole in sicurezza e non solo, la Fnopi in un’ottica di collaborazione multi professionale propone l’inserimento di 9mila infermieri scolastici ampliano e utilizzando il ruolo degli infermieri di famiglia e comunità già previsto dal decreto Rilancio. Professionisti sanitari che possono verificare l’applicazione corretta di tutte le norme Covid e dare supporto attivo agli alunni disabili, fragili, e cronici
I medici puntano a un incremento di organici nei dipartimenti di prevenzione da dedicare alle scuole e alla loro riapertura. Gli infermieri a introdurre anche nel nostro Paese la figura dell’infermiere scolastico che l’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, inserisce nel modello che ha descritto per la riapertura delle scuole in Europa tra gli organici regolari delle scuole. E lo fanno puntando sull’infermiere di famiglia e comunità perché l’assistenza nelle “comunità” scolastiche è una sua caratteristica.
Come possa funzionare un’organizzazione di questo tipo e di che organici ci sarebbe bisogno per renderla davvero efficiente, lo abbiamo chiesto alla presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, che sul tema della riapertura delle scuole in sicurezza ha anche inviato una lettera aperta a Governo e Regioni offrendo l’aiuto degli infermieri per affrontare l’emergenza.
Presidente Mangiacavalli, per la riapertura in sicurezza delle scuole al tavolo della medicina generale aperto al ministero della Salute è stato chiesto di assumere circa 12mila medici, la Fnopi propone l’inserimento di 9mila infermieri scolastici. Un contrasto tra professioni?
No, assolutamente. Al contrario direi che è la messa in opera di quella multi professionalità che prima il Patto per la salute e poi il decreto Rilancio hanno disegnato per rilanciare, mettere in sicurezza e rendere efficiente il territorio. La Fnopi però non propone nuove assunzioni in questa prima fase che probabilmente in un momento come questo sarebbero anche economicamente anacronistiche – seppure gli organici continuano a essere in sofferenza, nonostante tutto – ma di ampliare e utilizzare per ora e nell’emergenza il ruolo già presente degli infermieri di famiglia e comunità, inseriti in 9.600 dal decreto rilancio, appunto. Il fabbisogno complessivo di questi professionisti, come abbiamo più volte indicato, è di almeno 21mila unità per avere una copertura integrale del territorio, ma i primi 9.600 messi a disposizione nel decreto Rilancio grazie alla sensibilità del ministro, del Parlamento e delle Regioni, rappresentano già un avamposto di sicurezza importantissimo da utilizzare proprio nell’emergenza Covid. Ovviamente il fabbisogno non si esaurisce qui perché è chiaro che sul territorio i problemi non sono solo quelli legati alla pandemia e quindi l’assistenza va resa forte ed efficace, In modo specifico poi per le scuole potranno essere anche utilizzati gli infermieri pediatrici che sono oltre 10mila in Italia, quindi il numero giusto alla copertura dei plessi, e sono formati e si occupano specificamente già delle fasce di popolazione scolarizzata.
Si spieghi meglio.
Gli infermieri chiedono di dedicare ufficialmente almeno 9mila professionisti anche alle Istituzioni principali sedi di direttivo delle scuole, da cui poi articolarsi sul territorio negli istituti comprensivi e nelle singole sedi. Quello delle istituzioni è un riferimento analogo ai cosiddetti “plessi” scolastici, di cui fanno parte più sedi, quindi più singoli istituti.
La filosofia è semplice: la scuola è una comunità e gli infermieri di famiglia/comunità possono nell’emergenza – e i primi 9.600 previsti sono dedicati anche a questo – anche assistere proattivamente alunni, docenti e personale scolastico garantendo la loro presenza a prescindere dalle necessità contingenti di salute e nel caso subentrino necessità specifiche saranno loro a chiedere l’intervento del medico. Esattamente lo spirito di multi-professionalità necessario sul territorio per garantire una presenza attiva che sia anche in grado di educare alunni e personale scolastico e contemporaneamente di far intervenire il medico solo in caso di reale necessità.
Quindi l’infermiere è il responsabile…
Non parlerei di responsabilità. L’infermiere garantisce la presenza attiva di un professionista sanitario nelle scuole che possa da un lato verificare l’applicazione corretta di tutte le norme di sicurezza per la salute e, nel caso specifico della pandemia, di contenimento del virus, ma anche dare supporto attivo ai non-Covid e nelle scuole oggi sono presenti ad esempio quasi 250mila alunni disabili, senza contare i fragili, i cronici e chi comunque ha necessità di un’assistenza continua e regolare. Poi ci sono evidenze che necessitano dell’intervento del medico. Ad esempio, casi di positività al Covid o anche condizioni di aggravamento di patologie pregresse. In questo caso l’infermiere è in grado di farlo intervenire in modo appropriato, senza quindi lascare indietro nessuno né configurando interventi inutili.
Un’idea nuova o un sistema già verificato?
In Europa esiste l’infermiere scolastico con questi compiti in quasi tutti i paesi e in Spagna addirittura è una legge che l’ha introdotto. Negli USA c’è è la figura dello School Nurse che è responsabile della salute degli studenti iscritti presso l’istituto scolastico dove svolge il suo lavoro. Si occupa di garantire prestazioni di primo soccorso, effettua test di screening e indirizza gli studenti verso medici specialisti in caso di sospetto di patologie. Può inoltre somministrare farmaci che gli studenti devono assumere nell’orario scolastico ed è responsabile della segnalazione di abusi su minori e maltrattamenti in famiglia, oltre che garantire il supporto psicologico agli studenti. Come sempre direi che l’Italia è un po’ in ritardo.
Che compiti dovrebbe avere secondo lei l‘infermiere scolastico?
Secondo l’American Academy of Pediatrics gli infermieri scolastici valutano i problemi di salute, somministrano farmaci e assistono gli studenti con speciali esigenze di assistenza sanitaria, partecipano alla gestione delle emergenze e delle situazioni urgenti, gestiscono lo screening sanitario, l’immunizzazione e la segnalazione di malattie infettive, identificano e gestiscono i bisogni di assistenza sanitaria cronica.
Gli infermieri scolastici sono i principali operatori sanitari degli studenti che vivono in aree rurali e svantaggiate e svolgono un ruolo fondamentale nella comunità per identificare bisogni sanitari insoddisfatti, favorire la relazione tra salute e istruzione e contrastare le disuguaglianze.
E per rimanere nel campo delle sinergie e della multi professionalità, infermiere scolastico e pediatra sia a livello di comunità che a livello scolastico devono lavorare insieme, possono essere un ottimo esempio di assistenza basata sul team, fornendo servizi sanitari completi a studenti, famiglie e comunità.
Un lavoro analogo a quello dell’ormai acquisito infermiere di famiglia e comunità…
Certo. Come questo infatti l’infermiere scolastico non si occupa solo di assistenza in caso di necessità emergenti, ma coordina e supervisiona le persone che fanno parte della rete assistenziale della comunità, opera in sinergia con le organizzazioni, i Mmg e gli altri professionisti, collabora con il medico di medicina generale, con i professionisti di servizi socioassistenziali e il volontariato, progetta e attiva iniziative di promozione della salute, applica strategie e metodi educativi a gruppi di persone, per il miglioramento di abitudini e stili di vita e per il self-management. È in sintesi una ulteriore evidenza del lavoro in team che rappresenta ormai – come dimostrano le evidenze e come la pandemia ha confermato – l’unico modello possibile ed efficace di assistenza sul territorio.