Libera professione anche per le altre professioni sanitarie? Sì, quasi…
Con il decreto legge del 30 marzo scorso si è aperto uno spiraglio ma è chiaro che non si tratta di una norma strutturale e organica come è, invece, per la dirigenza medica e sanitaria di cui agli articoli 15 quater, quinquies e sexies del dlgs 502/92. Per rendere la situazione paritaria tra medici e altre professioni sanitarie in tema di libera professione servirebbe una norma organica di ben altro tenore
Si è sinora presentata la norma dell’articolo 13 del decreto legge 76 del 30 marzo 2023 come una svolta storica con cui si attua il superamento dell’esclusività per le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica, proviamo, pertanto, a dar corso a una lettura combinata e ragionata del disposto legislativo.
La norma in questione modifica il comma 1 della legge 165/21 sostituendo il periodo temporale “Fino al termine dello stato di emergenza di cui all’articolo 1 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 126,” con “fino al 31 dicembre 2025” quindi già dando il segnale che non si tratta di una norma strutturale e organica come è, invece, per la dirigenza medica e sanitaria di cui agli articoli 15 quater, quinquies e sexies del dlgs 502/92, mentre si abolisce il tetto orario delle 8 ore e quindi sembrerebbe “un liberi tutti”.
Tuttavia, non si modifica il comma 2 della legge 165/21 che norma come il professionista debba dar corso all’attività che definirei “extra moenia” o meglio “incarico esterno”:
- si tratta di incarichi esterni per i quali si esclude tassativamente che non rientrano nella disciplina dell’esclusività del lavoro della dirigenza medica e sanitaria degli articoli 15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, escludendo qualsiasi riferimento all’indennità economica di esclusività della dirigenza medica e sanitaria; quindi non professionisti liberi ma liberti si sarebbe detto nell’antica Roma;
- devono essere preliminarmente autorizzati dalla Azienda di appartenenza quindi dal datore di lavoro, al fine di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del SSN e di verificare il rispetto da parte del vertice dell’amministrazione di appartenenza della normativa sull’orario di lavoro, che come è noto la direttiva Ue limitano in 48 ore (straordinario compreso) l’orario massimo settimanale di lavoro e fissano il riposo giornaliero in almeno 11 ore.
- la Direzione generale aziendale dovrà, altresì, attestare che l’autorizzazione concessa non pregiudichi l’obiettivo postole dalla Regione relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all’emergenza pandemica.
Che si tratti di un’autorizzazione ad esercitare un incarico esterno lo si desume anche dal fatto che Il Ministero della salute effettuerà annualmente “il monitoraggio delle autorizzazioni concesse e dei tassi di assenza e dei permessi fruiti dal personale autorizzato” evidentemente anche per verificare se continuare questo esperimento dopo il 2025 in questa modalità oppure modificarlo.
Certamente è un progresso rispetto alla situazione precedente che potrebbe avvicinare verso una maggiore omogeneizzazione normativa in materia di esercizio della libera professione tra professioni sanitarie della dirigenza sanitaria con le professioni sanitarie di cui alla legge 43/06.
Quindi legislativamente non si tratta di un integrale superamento dell’esclusività del rapporto di lavoro bensì dell’affermazione che a questi professionisti dipendenti del comparto sanità non si applica il divieto ad esercitare altra attività esterna, il tutto, però, attraverso una formulazione normativa in uno spazio temporale definito e con modalità autorizzative e concessorie da parte dell’amministrazione pubblica che autorizza la possibilità di svolgere incarichi professionali esterni tenendo conto sia della normativa europea sul tetto massimo di orario di lavoro da svolgere che la situazione oggettiva dell’attività aziendale per garantire prioritariamente l’attività istituzionale appesantita dal recupero e conseguente smaltimento delle liste di attesa.
Di quali incarichi esterni da autorizzare la norma non lo specifica e quindi sarà una casistica tutta da scrivere: certo la norma nasce dalla esigenza di poter dare incarichi nelle RSA agli infermieri dipendenti del SSN e poi estesa a tutte le 22 professioni sanitarie della legge 43/06; si presume e si spera che un cittadino con questa norma possa scegliere di quale professionista dipendente del SSN avvalersi per la prevenzione, cura o riabilitazione anche a proprio domicilio o in una struttura sanitaria, così come il professionista possa svolgere la sua attività professionale in altro presidio sanitario, se poi non accreditato o accreditato, come invece è chiaro per la dirigenza medica e sanitaria, è da stabilire, comunque si spera che le autorizzazioni concesse siano per esercitare la professione per cui si è stati abilitati.
Il parallelo con la dirigenza medica e sanitaria. Ben differente è normato il diritto all’esclusività del personale appartenente alla dirigenza medica e sanitaria dagli articoli 15 quater, quinques e septies del dlgs 502/92 per i quali è previsto che possano annualmente optare o per l’esercizio dell’attività libero professionale extra moenia o intra moenia e quest’ultimo si configura quale rapporto di lavoro esclusivo apprezzato economicamente e normativamente dalla contrattazione e dall’indennità economica di esclusività, recentemente aumentata ope legis,
Il rapporto di lavoro esclusivo comporta l’esercizio dell’attività professionale nelle seguenti tipologie:
- a) il diritto all’esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell’impegno di servizio, nell’ambito delle strutture aziendali o in altre non accreditate allo scopo convenzionate con l’azienda individuate dal direttore generale d’intesa con il collegio di direzione;
b) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento svolta in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, all’interno delle strutture aziendali;
c) la possibilità’ di partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in equipe, al di fuori dell’impegno di servizio, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura allo scopo sanitaria non accreditata, previa convenzione dell’azienda con le predette aziende e strutture;
d) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all’azienda, quando le predette attività siano svolte al di fuori dell’impegno di servizio consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, sentite le equipes dei servizi interessati.
Le modalità di svolgimento delle attività di cui sopra e i criteri per l’attribuzione dei relativi proventi ai dirigenti sanitari interessati nonché al personale che presta la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
L’azienda disciplina i casi in cui l’assistito può chiedere all’azienda medesima che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal dirigente scelto dall’assistito ed erogata al domicilio dell’assistito medesimo, in relazione alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l’assistito con riferimento all’attività libero professionale intramuraria già svolta individualmente o in equipe nell’ambito dell’azienda, fuori dell’orario di lavoro.
Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, l’attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i compiti istituzionali.
La disciplina contrattuale nazionale definisce il corretto equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale nel rispetto dei seguenti principi:
– l’attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale, che viene esercitata nella salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per i compiti istituzionali;
– devono essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali ed i tempi di attesa concordati con le equipe;
– l’attività libero professionale è soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sono individuate penalizzazioni consistenti anche nella sospensione del diritto all’attività stessa, in caso di violazione di tali disposizioni o di quelle contrattuali.
Per quanto descritto la norma prevista per le professioni sanitarie di cui alla legge 43/06 pone la normativa di riferimento maggiormente simile all’opzione dell’esercizio professionale extra moenia dei dirigenti medici e sanitari, che per questi ultimi è un’opzione volontaria, mentre per le suddette professioni è determinata ope legis ma concessa e realizzata su autorizzazione della Direzione Aziendale, quindi la differenzia da quella c.d, intra moenia più garantista, valorizzante professionalmente e contrattualmente prevedendo anche, la corresponsione di un’indennità economica di esclusività, il tutto escluso tassativamente dall’articolo 13 del d,l.76/23.
Se, come si è realizzato nella recente stipula del CCNL del comparto sanità con il quale si è omogeneizzato il sistema degli incarichi professionali e gestionali erga omnes i professionisti della salute in maniera corrispondente al CCCNL della dirigenza medica e sanitaria e cioè per ogni professionista del comparto è previsto dopo il periodo di prova un incarico professionale di base e successivamente un incarico professionale di alta specialità o di professionista esperto o specialista o un incarico organizzativo o gestionale, altrettanto non si è realizzato per quanto attiene il diritto ad esercitare la libera professione in quanto è quanto mai evidente e lo riaffermo che l’esercizio dell’attività libero professionale intra moenia della dirigenza medica e sanitaria è maggiormente valorizzante normativamente ed economicamente rispetto a quello extra moenia, quest’ultimo più analogo a quello previsto per le professioni sanitarie della legge 43/06 dalla norma in esame.
Come dovrebbe essere invece la norma. E’ noto il mio orientamento, ormai storico, favorevole ad estendere i medesimi diritti e doveri nell’esercizio della libera professione intra ed extra moenia dei dirigenti medici e sanitari ai professionisti sanitari di cui alla legge 43/06, avendo già ammorbato i lettori di questo quotidiano con scritti sull’argomento e questuato a governanti e parlamentari l’emanazione di provvedimenti legislativi in materia suggerendo anche emendamenti e disegni di legge successivamente presentati.
Questa convinzione nasce dalla considerazione che se la libera professione intra moenia non è il male assoluto, come dimostra lo studio dell’ANAAO, non vi è più alcuna motivazione né normativa nè di organizzazione del lavoro perché nel SSN essa sia concessa a otto professioni sanitarie e negata o concessa in forma riduttiva alle altre ventidue professioni sanitarie tutte e trenta contemplate e normate parimenti dalla legge 3/18, siamo di fronte ad una palese trattamento discriminante e quindi incostituzionale.
Come fare? Spunti a mio avviso interessanti possono derivare da due iniziative legislative della passata legislatura. La prima, dell’allora onorevole Carnevali, e presente in un emendamento a sua firma a una legge di bilancio di tre anni fa, di cui passò gran parte esclusa questa parte che così recitava: “Il rapporto di lavoro dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale esercenti le professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico sanitarie e della prevenzione della professione sociosanitaria di assistente sociale è esclusivo e comporta la totale disponibilità nello svolgimento delle funzioni professionali attribuite dalle aziende ed enti del Servizio Sanitario Nazionale, nell’ambito della posizione ricoperta e della competenza professionale posseduta di appartenenza, con impegno orario contrattualmente definito e comporta, per i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo pieno, l’esercizio dell’attività professionale nelle tipologie previste dai commi 2, 3, 9 e 10 dell’articolo 15 quinquies del d.lgs. 502/92, sostituendo il termine dirigente con professionista; le Aziende sanitarie e gli altri enti del SSN destinano una parte dei proventi dell’attività libero-professionale intramoenia, di cui ai commi precedenti, per attribuire al personale, con rapporto di lavoro a tempo pieno, di cui al presente comma una specifica indennità di esclusività da determinare in sede di contrattazione collettiva integrativa aziendale.”
La seconda dell’allora senatrice Paola Boldrini e presente nel disegno di legge 1616 “Disposizioni in materia di rapporto di lavoro esclusivo degli esercenti le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, dipendenti delle aziende degli enti del Servizio sanitario nazionale”, con particolare riferimento a quanto previsto all’articolo 1, commi da 7 a 11 (vedi testo).
Sono testi ancora attuali e che possono essere la base per la riformulazione della norma; si tratta di un obiettivo irrealizzabile? Non lo credo, in questi decenni ci siamo posti per tutte le professioni sanitarie e sociosanitarie obiettivi che sembravano irrealizzabili se non lucide follie oppure fantasia a potere e sogni ad occhi aperti…oggi, invece, sono parte centrale e strategica della legislazione nazionale e regionale e perché questo non dovrebbe realizzarsi nei tempi che saranno possibili politicamente ma senza disperare sapendo che anche quanto è stato conquistato nell’articolo 13 del DL 76/23 è un progressivo e importante passo in avanti, realmente discontinuo e innovativo, per il raggiungimento di tale obiettivo.
Un’ulteriore considerazione nel sopraricordato emendamento Carnevali si faceva riferimento anche alla professione sociosanitaria di assistente sociale, per la conquista fatta con l’articolo 5 della legge 3/18 e per la conseguente istituzione del ruolo sociosanitario, sono quantomai convinto che nel SSN, come testimonia anche la stessa legge 251/00 collocazione normativa ed organizzativa della professione sociosanitaria di assistente sociale sia insieme alle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica, nel rispetto della definizione di salute dell’OMS.
Primum vivere. Trattando a lungo la questione della libera professione non vorrei aver dato l’impressione che per me sia la questione fondamentale, è giusto rivendicarla per quanto ho già chiarito ma è evidente che allo stato attuale la l’emergenza vera è la sopravvivenza o meno del SSN pubblico, solidale e universalistico come voluto dalla più grande riforma mai fatta, la legge 833/78 e in questo scenario emerge la grave situazione della situazione dei professionisti e degli operatori della salute per gli organici di gran lunga insufficienti a garantire i LEA e le loro retribuzioni non solo le più basse in Europa ma, soprattutto, non in grado di valorizzare adeguatamente la loro alta professionalità.
E’ evidente che si sta dimenticando la tragica lezione del COVID 19 che aveva fatto capire che la tutela della salute individuale e collettiva non è un costo ma l’investimento centrale e strategico per la stessa tenuta della salute sociale, economica e istituzionale della Nazione e dello Stato e in questo investimento quello per il personale è quello più determinante e irrinunciabile.
Saverio Proia
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