Metà degli operatori sanitari in prima linea per il Covid con sintomi da stress post traumatico
Il dato si basa su un questionario realizzato dall’Università Tor Vergata di Roma e compilato tra il 27 e il 31 marzo da quasi 1.400 operatori. Inoltre il 25% denuncia depressione grave, il 20% ansia, l’8% insonnia e quasi il 22% stress. Sono più a rischio medici e infermieri in prima linea, le donne giovani e coloro i cui colleghi si sono ammalati o sono deceduti a causa del virus
Diversi studi hanno dimostrato che gli operatori sanitari coinvolti nell’epidemia di Sars del 2003 riportavano alti livelli di sintomi di stress, ansia e depressione, avvertivano incertezza e stigmatizzazione. Dalle poche ricerche pubblicate fin ora sull’argomento, sembra che l’attuale pandemia abbia effetti simili sulla salute mentale di medici e infermieri coinvolti nell’emergenza.
Le analisi condotte in Cina mostrano che gli operatori sanitari direttamente coinvolti nella pandemia a Whuan e nella provincia di Hubei sono stati esposti a livelli elevati di eventi stressanti o traumatici e presentano sintomi legati allo stress, alla depressione, all’ansia e all’insonnia. Viviamo la stessa situazione in Europa? Probabilmente.
Il 22 aprile è stata pubblicata sulla rivista medrxiv, una ricerca che valuta gli effetti della crisi sulla salute mentale degli operatori sanitari in Italia. Si tratta dello “studio gemello” di quello condotto dall’Università dell’Aquila e Territori aperti, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. L’articolo è ancora in revisione, i risultati che riporta sono comunque allarmanti.
Il questionario, rivolto specificatamente agli operatori sanitari, è stato diffuso online su tutti i social network, utilizzando un campionamento a valanga (detto anche a catena o a palla di neve), quindi le persone che hanno ricevuto il questionario sono state invitate ad inoltrarlo ad altri, tra il 27 marzo e il 31 marzo ed è stato completato da 1.379 operatori sanitari.
“Il periodo di campionamento corrispondeva ai giorni immediatamente precedenti il picco di contagio, momento in cui il sistema sanitario era molto sotto pressione”, scrivono gli autori. Il questionario ha esaminato le caratteristiche del posto di lavoro (di prima linea o di seconda linea), e le informazioni relative all’impatto diretto del Covid-19.
Dall’elaborazione dei dati è emerso che quasi il 50% dei rispondenti manifesta (o almeno riporta) dei sintomi da stress post-traumatico, quasi il 25% depressione grave, il 20% ansia, l’8% insonnia e quasi il 22% stress. Per quanto riguarda stress post-traumatico e depressione grave le percentuali sono decisamente più importanti rispetto a quelle riscontrate nella popolazione generale (del 37 e del 17% rispettivamente).
È importante notare che “ci sono delle chiare associazioni tra i sintomi e il lavorare in prima linea piuttosto che in seconda linea, avere un collega ammalato o deceduto e l’essere giovani donne”, sottolinea Rodolfo Rossi, assegnista di ricerca all’Università Tor Vergata di Roma e primo autore dello studio.
I medici di medicina generale che hanno risposto al questionario presentano maggiormente sintomi da stress post traumatico, mentre gli infermieri e gli assistenti sanitari sembrano soffrire di più di insonnia grave. L’esposizione al contagio è stata associata ad un maggior rischio di depressione.
Tutti dati in linea con i precedenti rapporti provenienti dalla Cina. Come intervenire? Secondo Rossi occorrono cura e prevenzione. Sarebbe quindi importante “assumere rinforzi per diluire il carico emotivo e di lavoro” e in termini di cura si potrebbe ricorrere a “sportelli di ascolto, percorsi diagnostico terapeutici dedicati e campagne antistigma”. Le forme di terapia possibile sono varie, dalla consulenza alla psicoterapia.
È comunque fondamentale continuare a monitorare, con studi di questo tipo, la salute mentale della popolazione e delle categorie più a rischio.