NO CORSI REGIONALI: La legittimità dei titoli professionali regionali
Gentile Direttore,
ho letto con attenzione l’articolo del Prof. Daniele Rodriguez, il quale ha sviluppato una riflessione meritevole di approfondimento ed accurato ragionamento. Non entro nel confronto tra il Professore ed altri interlocutori; mi soffermo sulla considerazione relativa alla legge n.42 del 1999 in relazione all’affermazione: “L’’anomalia, rispetto alla legge 42, sono i corsi istituiti con delibere di giunta regionale in forza di un’interpretazione del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità”.
Sono rimasto basito nel constatare che il Prof. Rodriguez consideri un’anomalia i corsi “istituiti” con delibera di giunta regionale. Mi permetto di dissentire e dare una plausibile ed argomentata spiegazione.
La Costituzione ed in modo inequivocabile la Consulta (Corte Cost. sent. n.300 del 2007) ci insegnano che “la potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale”. Questo aspetto costituzionale non ha consentito alle Regioni di istituire i corsi ma bensì di autorizzarli. La programmazione della formazione professionale e la relativa autorizzazione dei corsi rientrano nel pieno diritto costituzionale delle “potestà” delle Regioni stesse. Invero, in un relativo passato, alcune Regioni tentarono di istituire dei corsi di formazione regionale disciplinandoli ex novo.
Tali misure vennero sistematicamente cassate e dichiarate incostituzionali dalla Corte stessa (si veda ad esempio la sentenza n.449 del 2006 della Corte Cost.). L’indirizzo costante nel tempo della Consulta (Corte Costituzionale sentenza n.319 del 2005) è stato il seguente: nel sistema derivante dalla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione permane il principio fondamentale per cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti didattici, è riservata alla legislazione statale.
Va fatta una doverosa precisazione: dal 1.01.2019 ai sensi dell’art.1 comma 541 della legge n. 145 del 2018, le Regioni non possono più autorizzare i corsi di formazione professionale a carattere regionale per il rilascio di titoli ai fini dell’esercizio delle professioni sanitarie di cui alla legge 1° febbraio 2006, n. 43. Il provvedimento intervenuto alla fine del 2018 ha modificato profondamente anche la stessa legge n.42 del 1999 che dal 1.01.2019 include all’art.4, comma 4 bis, per 18 professioni sanitarie, gli elenchi speciali ad esaurimento.
In sintesi i corsi autorizzati con delibere regionali sulla base di una normativa statale rientravano perfettamente nella previsione dell’art.117 della Carta Costituzionale a tutela delle potestà regionali.
Nel rispetto della Costituzione, ai sensi dell’art. 39, i contratti collettivi nazionali di lavoro hanno efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. Ed in quel contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità rientravano pacificamente (e rientrano tutt’oggi) anche coloro che avevano acquisito un titolo professionale regionale.
Ecco perché i corsi autorizzati con delibera regionale non sono un’anomalia rispetto alla legge n.42 del 1999. Né tanto meno lo sono in relazione al contrattocollettivo nazionale di lavoro del comparto sanità. O vogliamo considerare come massima anomalia la Costituzione stessa?
Cosma Francesco Paracchini
Massofisioterapista