Professioni sanitarie. Sulla formazione rispettare le norme vigenti
Gentile Direttore,
la recente pubblicazione in questa rubrica della quarta parte della Proposta di riforma delle professioni sanitarie, redatta dal Dott. Saverio Proia, mi ha spinto a riflettere in modo particolare sul punto 4, che delega ad una “Accademia di alta formazione” il compito di gestire i tirocini per i corsi di laurea magistrale nei rispettivi ambiti e profili professionali quali medicina e chirurgia, psicologia e delle altre professioni sanitarie.
Tale proposta, oltre a stimolare un dibattito sui temi trattati, solleva questioni significative riguardo la formazione dei professionisti delle professioni sanitarie, specialmente alla luce del fatto che, in qualche università, sono proprio i medici a tenere moduli didattici intitolati ad esempio: “Il coordinatore di tirocinio nei corsi di laurea delle professioni sanitarie”. Ciò avviene all’interno di un Corso di laure magistrale e, ovviamente, con l’approvazione del piano di studi da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR).
Dal punto di vista della gerarchia delle fonti normative, appare evidente che un piano di studi non possa sovrastare in importanza decreti interministeriali o leggi. L’articolo 5 del Decreto interministeriale del 19 febbraio 2009, ad esempio, stabilisce chiaramente che le attività formative pratiche e di tirocinio clinico debbano avvenire sotto la supervisione di tutori qualificati e che siano coordinate da un docente del profilo professionale specifico, in possesso di una laurea magistrale appropriata e con un’esperienza non inferiore a cinque anni. È quindi complesso ipotizzare che un medico possa insegnare competenze specifiche di una professione diversa dalla propria, specialmente a studenti che si stanno formando per quel ruolo attraverso un percorso di laurea magistrale.
Esaminando la questione da una prospettiva ancora più ampia, troviamo che il decreto interministeriale in questione fa riferimento alla Legge 42/1999, che definisce i confini delle competenze per ogni professione sanitaria, evidenziando l’importanza del rispetto reciproco delle competenze professionali.
In conclusione, l’approvazione di piani di studio che presentano tali incongruenze solleva dubbi sulla possibilità di riformare le professioni sanitarie attraverso l’istituzione di un’Accademia di alta formazione. Sarebbe forse più prudente mirare a un percorso formativo che rispetti le normative vigenti e le competenze specifiche di ciascuna professione.
Antonio Alemanno
Tecnico di radiologia