Riformare il “lavoro medico” e delle altre professioni sanitarie e socio-sanitarie
FONTE QUOTIDIANOSANITA
Un nuovo rapporto di lavoro che esalti l’essere un professionista e che sviluppi l’intrinsecità e la specificità del tempo di lavoro medico e che abbia un solo obiettivo: la migliore prestazione professionale del medico, di tutti i medici, in scienza e coscienza per la tutela della salute nella prevenzione, nella diagnosi, nella cura e nella riabilitazione. Naturalmente per essere realmente efficace ed efficiente, quanto sopra non potrebbe che comprendere l’insieme delle professioni sanitarie e sociosanitarie che operano nel SSN, la qual cosa è quanto mai ovvia e non ha bisogno di ulteriori motivazioni
Ci stavamo accingendo a scrivere questo articolo sulla riforma della contrattazione in sanità e sullo stato giuridico del medico e delle altre professioni sanitarie allorché abbiamo letto l’intervento del Presidente della FNOMCEO e ci permettiamo di fare le seguenti considerazioni.
In vari articoli avevamo già posto il problema della necessità di una profonda e radicale riforma sia dello stato giuridico delle professioni sanitarie, medico compreso, e della conseguente contrattazione collettiva.
La tragicità della pandemia COVID-19 ha maggiormente evidenziato che le regole sulle quali è stato sinora basato il lavoro medico, sia dipendente che convenzionato e per analogia anche delle altre professioni sanitarie, hanno mostrato tutta la loro inadeguatezza sia per affrontare una situazione emergenziale, che purtroppo non è ancora definita, ma anche la normale attività di routine e il carico di lavoro accumulatosi in questi due anni (screening, interventi chirurgici programmati non eseguiti, etc).
Una situazione che ha gettato nella prostrazione i professionisti impegnati in anni di estrema sofferenza e che ha generato burnout, disaffezione e il desiderio di lasciare il lavoro pubblico e in particolare quello ospedaliero.
E’, quindi, per noi, necessario che la Repubblica, intesa come Parlamento, Governo e Regioni, sia in grado di riformare il “Lavoro medico” ma anche quello sanitario e sociosanitario assumendolo come priorità per l’attuazione reale, universale e pubblica del diritto alla salute individuale e collettiva quale conseguenza per la buona salute della società, dell’economia della nostra Nazione: quindi non più la spesa sanitaria considerata un costo ma il principale investimento che lo Stato deve finanziare e realizzare prima di ogni altro, anzi premessa per gli altri investimenti e per uno sviluppo sostenibile.
Sicuramente è altrettanto necessario ed indispensabile implementare la formazione di medici specialisti, di medici di base che dovranno avere una specializzazione universitaria, di infermieri e gli altri professionisti sanitari e conseguentemente assumerli prima che emigrino all’estero.
Un grande progetto formativo finalizzato a rispondere adeguatamente ai nuovi bisogni di salute, dopo troppi anni di tagli agli organici esaltando e apprezzando per questo obiettivo centrale e strategico anche la capacità formativa per docenti, personale e strutture del SSN in convenzione con gli Atenei.
Ma altrettanto centrale, strategico ed enormemente necessario un forte, incisivo e discontinuo provvedimento legislativo di riforma che dovrebbe prevedere i seguenti assi portanti e strategici.
I cinque assi del cambiamento
1) Ritenere il personale del SSN una “categoria speciale” che abbia regole proprie, specifiche e diverse dagli altri comparti pubblici non solo per la sua missione di tutela di un diritto costituzionalmente garantito ma per la sua intrinseca complessità costituita da oltre trenta professioni laureate che vi operano con loro riconosciuta autonomia e competenza professionali;
2) Considerare gli esercenti le professioni mediche, sanitarie e sociosanitarie in rapporto di lavoro con il SSN, parte integrante del processo di programmazione, organizzazione, monitoraggio, verifica e conseguente rimodulazione delle scelte di politica della salute e delle linee di produzione delle stesse in tutti i livelli del SSN stesso, nazionale, regionale e aziendale. Un percorso da realizzare attraverso innovative modalità di effettiva partecipazione che garantisca la concertazione, la comprensione e la condivisione, assicurando anche il diritto alla critica e al dissenso, motivato scientificamente e professionalmente;
3) Le modalità innovative di partecipazione non potranno che essere sia garantite alle rappresentanze sindacali ma anche, a livello aziendale, esercitate dagli stessi professionisti sia riformando democraticamente il Consiglio dei Sanitari che i Consigli di Dipartimento e di Distretto in modo di assicurare la massima partecipazione e garanzia alla critica propositiva, il che significa negare il ruolo monocratico e talora autocratico del Direttore Generale. In tale prospettiva la revisione della governance aziendale con la istituzione di un “comitato di sorveglianza” plurale può rappresentare uno strumento indispensabile per una gestione aperta al contributo di altri attori sociali;
4) Il Lavoro medico, sanitario e sociosanitario si dovrebbe espletare garantendo e valorizzando al massimo la sua potenzialità, autonomia e capacità intrinseche e proprie del proprio sapere ed agire professionale riducendo al massimo adempimenti non sanitari che potrebbero rientrare nelle competenze di quei professionisti che rivestano incarichi gestionali/apicali o, se di minor rilievo, formando uno specifico profilo di segretario sanitario/clinico sulla base di esperienze europee evolvendo da una parte il segretario di studio di MG o di segretario di reparto ospedaliero, nelle poche, purtroppo, esperienze in essere. Si tratta in altre parole di favorire quel general intellect e quelle capacità inespresse e spesso soffocate dei professionisti da cui nasce cambiamento e qualità delle relazioni;
5) Il rapporto di lavoro del medico, aldilà della sua denominazione giuridica se dipendente o convenzionato, dovrebbe essere per obiettivi di “salute” concordati, monitorati e verificati con la conseguente individuazione di una parte della remunerazione legata al loro raggiungimento, ovviamente tenendo conto delle situazioni avverse che non abbiano consentito oggettivamente il pieno raggiungimento (sottorganico, minore dotazione strumentali, eventi pandemici…). In tale prospettiva da superare il concetto prestazione di lavoro condizionata all’orario di lavoro, come è proprio in ogni rapporto di lavoro sia dirigenziale ma anche professionale, fermo restando la retribuzione distinta per le guardie, la reperibilità, il lavoro notturno e festivo.
Quello che proponiamo dunque è un vero rapporto di lavoro che esalti e apprezzi l’essere un professionista non solo nella sua accezione di professione intellettuale e liberale ma che sviluppi l’intrinsecità e la specificità del tempo di lavoro medico che abbia un solo obiettivo: la migliore prestazione professionale del medico in scienza e coscienza per la tutela della salute nella prevenzione, nella diagnosi, nella cura e nella riabilitazione. Ovviamente per essere realmente appetibile sarebbe quanto mai necessario che si investa anche sulla parte economica che progressivamente debba eguagliarsi ai trattamenti in essere negli altri Stati dell’Unione Europea.
Rivedere gli istituiti della contrattazione i diversi livelli
Una riforma di tale intensità presupporrebbe anche la rivisitazione della contrattazione che potrebbe prevedere innanzitutto un “contratto quadro di filiera” dell’interezza del personale che opera nel SSN nonché le strutture e i presidi sociosanitari cioè quello dipendente delle Aziende Sanitarie Pubbliche ma anche dell’insieme degli enti accreditati sanitari e sociosanitari, finanziato anche dal FSN.
Duplice l’obiettivo da perseguire: il primo contrattuale quello di omogeneizzare i trattamenti del personale nel pubblico e nel privato accreditato, favorendo anche la maggiore unificazione possibile dell’attuale molteplicità dei contratti in quest’ultimo settore; il secondo, strategico, di far partecipare le rappresentanze sindacali nella fase di costruzione del Patto della Salute tra Stato e Regioni nella programmazione, nell’elaborazione delle scelte ma anche nel monitoraggio e nella verifica delle stesse favorendo quindi il protagonismo positivo dei professionisti produttori di salute nelle concertazione, nella comprensione e nella condivisione delle politiche per la salute: quindi un contratto quale strumento attuativo delle scelte programmatorie in sanità; da questo nuovo contratto quadro della filiera sanitaria e sociosanitaria si passerebbe alla negoziazione degli specifici settori: SSN, ospedalità accreditata, terzo settore, RSA, ecc.
Superare le differenze tra lavoro dipendente e convenzionato
Per quanto riguarda il personale “pubblico” del SSN con le innovative e discontinue caratteristiche del rapporto di lavoro medico sopra descritte non avrebbe più ragione di esistere la differenza tra le attuali normative del lavoro medico dipendente e di quello del lavoro medico parasubordinato o convenzionato che dir si voglia, si potrebbe, quindi, ipotizzare un contratto unitario o meglio unico del rapporto di lavoro medico nel comparto pubblico del SSN sia per l’attuale dirigenza medica che per gli AA.CC.NN. della medicina generale, della pediatria di libera scelta e della specialistica ambulatoriale…
Naturalmente per essere realmente efficace ed efficiente, quanto sopra non potrebbe che comprendere l’insieme delle professioni sanitarie e sociosanitarie che operano nel SSN, la qual cosa è quanto mai ovvia e non ha bisogno di ulteriori motivazioni.
Tale innovativa e discontinua riforma presuppone anche una diversa organizzazione della parte pubblica che veda un diverso ruolo da protagonista se non da regista del Ministero della Salute e con esso delle stesse Regioni ovviamente nella fase del “contratto quadro di filiera” e successivamente nei successivi contratti di settore pubblico e privato accreditato; certo si potrebbero avvalersi delle capacità tecniche negoziali integrate sia di ARAN che di SISAC oppure dotarsi di una nuova struttura tecnica per la gestione delle procedure e delle fasi contrattuali.
La riforma del sistema pensionistico
Ogni volta che si pone il problema del superamento del rapporto convenzionale per i medici arriva il grido di dolore del pericolo della sopravvivenza delle attuali pensioni dell’ENPAM, fermo restando la costruzione di un diritto del singolo medico all’opzione del trattamento pensionistico ENPAM anziché INPS, vi potrebbe essere una riformulazione della missione di questo ente pensionistico che esalti nell’immediato futuro la funzione di fondo per la pensione complementare per i medici delle nuove generazioni ai quali l’INPS, con il solo sistema contributivo non potrà garantire le stesse quantità economiche agli attuali medici in pensione già dipendenti del SSN.
Saverio Proia e Roberto Polillo