Speranza al Consiglio nazionale Fnopi: “Ospedali di Comunità e l’infermiere di famiglia sono due risorse essenziali per il territorio”
fonte quotidianosanita
Il Ministro della Salute ha partecipato oggi al Consiglio nazionale della Federazione degli infermieri e ha sottoscritto la mozione votata all’unanimità votata dai 102 presidente di ordine. “Il SSN ha bisogno di un’inversione di tendenza per assistere i cittadini sul territorio”. Mangiacavalli: “Nessun professionista vuole fare il lavoro di altri, nessuno che ha scelto una disciplina intende confonderla con quelle di altri”. LA MOZIONE
“Sottoscrivo la mozione degli ordini delle professioni infermieristiche, nel senso che vi ho trovato tutti gli aspetti che servono davvero a caratterizzare un Servizio sanitario nazionale (SSN) efficiente, universale e di qualità quale è il nostro”. Il ministro della Salute, Roberto Speranza ha manifestato anzitutto gratitudine verso gli operatori del SSN che in queste settimane stanno affrontando nella task force del ministero, negli ospedali e sul territorio il rischio-coronavirus per tutelare la salute dei cittadini.
“Il SSN è la cosa più importante che abbiamo e dobbiamo difenderlo con il coltello tra i denti, e va difeso su tre aspetti fondamentali che – ha detto agli infermieri – dobbiamo affrontare insieme: risorse, riforme e digitalizzazione per accelerare il futuro”.
“Nel metodo – ha spiegato il ministro – bisogna saper ascoltare perché chi ascolta sa decidere meglio e affrontare meglio ogni argomento. Nel merito, le risorse non sono spesa pubblica: la salute è un diritto fondamentale e sono quindi un investimento sulla qualità della vita delle persone”.
“La nostra prima sfida è fermare la stagione dei tagli – ha proseguito – e aprire ai finanziamenti. Lo abbiamo fatto con l’aumento di 2 miliardi del fondo e altri 2 per l’edilizia sanitaria e il presidente Conte ha assicurato un investimento entro fine legislatura di almeno 10 miliardi”.
Ma secondo il ministro le risorse non bastano se non ci sono le riforme. E tra le prime ha indicato un nuovo modello di programmazione della spesa, senza “silos chiusi” e tetti a questi “che danno illusione di risparmio ma non ci consentono di rispondere ai bisogni di salute dei cittadini”.
E ha indicato come punto di maggiore sofferenza proprio il personale del SSN, costretto da tagli e risparmi e che solo ora con le previsioni della legge di bilancio può ricominciare a respirare.
“Dobbiamo poi realizzare – ha proseguito – una relazione positiva tra territorio e ospedale per la nuova demografia che porta verso maggiori necessità di cronicità ed età anziana. In questo – ha affermato, gli ospedali di Comunità e l’infermiere di famiglia sono due risorse essenziali per il territorio”.
Poi la sanità digitale per migliorare la qualità, aumentare i risparmi e aiutare a casa propria i cittadini.
“Il Patto per la salute – ha concluso – è un patto istituzionale ed è la prima ‘mattonella ‘ del sistema. Ora serve un grande ‘patto sociale’: è questa la sfida del 2020 che devono raccogliere tutti, non solo i professionisti, anche le imprese, le università e il terzo settore”.
Per tutto questo, ha sottolineato ancora il ministro, la formazione è decisiva, sia nell’Università che ECM (educazione medica continua). E un altro settore su cui è necessario agire rapidamente (“lo avremmo già fatto se non si fosse presentata l’emergenza coronavirus”, ha spiegato) è quello dell’emergenza-urgenza: una riforma necessaria, ha detto, per realizzare un modello condiviso al servizio dei pazienti.
La prima richiesta della Federazione degli infermieri nella mozione che il ministro ha condiviso è di applicare in fretta il Patto per la Salute perché: “l’obiettivo della professione infermieristica è rendere coerente l’esercizio professionale con le competenze acquisite nel corso degli anni, grazie a uno specifico percorso di studi rigoroso e robusto e in continua evoluzione e che necessità anche di una profonda revisione dei percorsi didattici alla luce della nuova epidemiologia della popolazione e della necessità improcrastinabile di avere infermieri specializzati”.
E da qui i presidenti dei 102 Ordini che rappresentano 450mila professionisti indicano tre punti per la valorizzazione della professione: l’emergenza-urgenza-118 dove sottolineano di non volere passi indietro, ma solo modelli innovativi e si mettono a disposizione per studiarli insieme; l’”immediata” realizzazione in tutte le Regioni dell’infermiere di famiglia/comunità come previsto da Patto; l’approvazione certa (già in Stato Regioni del 20 febbraio dove è all’ordine del giorno) dell’Ospedale di Comunità.
L’intesa, sottolinea il portavoce Fnopi Tonino Aceti, “era stata esaminata dalle Regioni a luglio scorso, trovando quasi unanime consenso ma è bloccata per motivi politici, non organizzative. Questo fa male al Paese”.
Poi, sollecitano la revisione degli ordinamenti didattici per prevedere una serie di novità nei corsi di laurea triennale e lauree magistrali anche a indirizzo clinico e chiedono per questo sostegno al ministro Speranza. E puntano sull’ECM che giudicano “il mezzo e non il fine” integrato e solidale tra il livello nazionale, regionale e provinciale basato su regole comuni e condivise e su principi di efficacia, trasparenza, e indipendenza da interessi commerciali”.
“Queste sono le priorità e in questa riorganizzazione – afferma la presidente della Federazione degli infermieri Barbara Mangiacavalli – non c’è alcun esproprio di professionalità o invasione di competenze altrui, atti questi che non devono essere nel pensiero di nessuno: nessun professionista vuole fare il lavoro di altri, nessuno che ha scelto una disciplina intende confonderla con quelle di altri”.
Anzi: i 102 presidenti degli Ordini provinciali hanno dato mandato alla Federazione di rappresentarli ai tavoli di analisi e discussione, multi-istituzionali e multiprofessionali, per giungere a un’organizzazione condivisa e reale dei servizi e dell’assistenza che non sia solo di facciata e ancorata a vecchi schemi ormai lontani dai bisogni reali, ma la base per costruzione di un nuovo ed efficiente modello di SSN.
Non sostenere questo percorso, sottolinea Mangiacavalli, “vuol dire sprecare risorse e competenze, negare sviluppo, innovazione e cambiamento di cui ha bisogno il SSN per metterlo in grado di rispondere di più e meglio alle nuove sfide, ai nuovi bisogni delle comunità affinché lo sviluppo del SSN non sia solo di facciata e ancorato a vecchi schemi ormai lontani dai bisogni reali” e che vorrebbe dire anche ignorare le sollecitazioni a livello internazionale (Oms e Ocse) circa la necessità di investire in più servizi guidati da infermieri.
“Ribadiamo ancora una volta e con maggiore forza – aggiunge Mangiacavalli – che intendiamo portare avanti con ogni mezzo il ‘diritto al futuro’ della professione infermieristica, di un’assistenza accessibile, equa, sicura, universale e solidale, senza accettare prese di posizione, deroghe o tempi di attesa con l’unico effetto di rimanere ancorati a un immobilismo pericoloso per l’assistenza e i diritti dei cittadini”.
Al ministro Speranza naturalmente non solo richieste. Il Consiglio nazionale degli infermieri infatti lo ha ringraziato ufficialmente per aver costituito la Consulta delle professioni sanitarie e sociosanitarie nella quale gli chiedono di essere garante che al suo interno tutte le professioni abbiano stesso valore e stessi diritti, per l’aumento del fondo sanitario nazionale, lo sblocco delle assunzioni, il nuovo finanziamento dell’edilizia sanitaria finalizzato anche all’essenziale ammodernamento tecnologico, l’abrogazione imminente del superticket, l’approvazione del Nuovo Patto per la Salute 2019-2021, l’impegno per la sicurezza degli operatori e la buona gestione della crisi legata a Coronavirus.
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