Un accordo quadro di filiera per tutto il personale della sanità
fONTE quotidianosanita
Per il personale del Ssn serve una svolta epocale a partire dal riconoscimento di un ruolo centrale e strategico della risorsa umana e professionale per l’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione. Per fare questo serve una poltica di riforma di grande respiro che superi e rimodelli completamente gli attuali assetti giuridici e contrattuali di tutti gli operatori che operano nel Ssn inserendoli in una categoria speciale e in un’unica cornice contrattuale
Non vorremo che per i professionisti della salute, una volta superata la tragica fase della attuale pandemia, calasse il sipario e tutto ritornasse come prima. Oggi eroi e santi subito ma domani? Già stanno riprendendo recrudescenza i fenomeni di aggressioni agli operatori sanitari, che tra l’altro non vengono, in parte larga, neanche più denunciati.
I peana sinora innalzati da parte del governo, delle regioni, dei media a questi nuovi eroi e guerrieri per l’immaginario collettivo ma che per loro stanno solo facendo il loro dovere e la professione che hanno scelto, saranno muti quando la pandemia allenterà la sua tragica morsa?
Di casi come Scipione l’Africano è piena la nostra storia…ottenuta la vittoria chi ti conosce più…Ma certamente non sarà così se l’attuale Governo, il Parlamento e le Regioni, continuando nella politica di “ristoro del SSN” dopo decenni di tagli, saranno in grado di adottare una politica riformatrice non solo per l’emergenza, ma di prospettiva a breve, medio e lungo termine per riformare radicalmente lo stato giuridico ed economico dei professionisti e degli operatori produttori di salute.
Non irrilevante infatti è la stata la massiccia trasfusione di risorse nelle esangui casse del nostro SSN se si conta che per il 2020 le somme messe a disposizioni dal decreto stabilità, prima, e dai due decreti Cura Italia e Rilancio dopo, sono state pari a oltre 8.845 miliardi di euro. Somme in parte vincolate per nuove assunzioni di 9.600 infermierie di 600 assistenti sociali da impiegare in attività territoriali e per l’assegnazione di 4.200 nuove borse di studio per i medici specializzandi
La necessità di una politica riformatrice di ampio respiro. Questa nuova, discontinua e radicale politica riformatrice non dovrebbe tuttavia limitarsi alla messa a disposizioni di risorse, seppure indispensabili, ma dovrebbe puntare più in alto, promuovendo un’iniziale norma legislativa di ampio respiro costituzionale che affermi questo principio: “La Repubblica, intesa come Parlamento, Governo e Regioni, considera la risorsa umana e professionale centrale e strategica per l’attuazione dei principi dell’articolo 32 della Costituzione e della conseguente legge 833/78 di realizzazione ed, a tal fine, ne promuove la valorizzazione e la partecipazione alle scelte di programmazione sanitaria e sociosanitaria a livello nazionale e regionale”.
Un provvedimento legislativo urgente per la tutela fisica e psichica degli operatori. Come primo atto concreto sarebbe allora quanto mai opportuno che il Governo impegnasse il Parlamento a varare entro pochi giorni la legge per garantire la sicurezza fisica e psichica di chi opera in sanità o che in alternativa traducesse il testo in discussione in un decreto-legge, che nei previsti sessanta giorni potrà essere tradotto in legge ordinaria con le eventuali necessarie modifiche legislative.
È evidente ed incontrovertibile che ogni esercente una professione sanitaria o sociosanitaria, il quale nel suo agire professionale attua un diritto costituzionalmente garantito, non possa attendere oltre da Governo e Parlamento. Riteniamo inoltre che Governo e Parlamento dovrebbero farsi promotori di una campagna mediatica e formativa continua per ricostruire, nell’immaginario collettivo, il rispetto del ruolo di chi opera per la tutela della salute; un’operazione già iniziata nell’attuale fase pandemica ma che deve continuare e potenziarsi.
Il “mondo” delle professioni che popolano il nostro SSN. Le vicende di questi mesi hanno appalesato agli occhi della politica e dell’opinione pubblica la diversità dell’insieme del personale del SSN.
Un mondo complesso e caratterizzato in prevalenza da più di trenta professioni sanitarie e sociosanitarie, tutte con un proprio ambito di autonomia professionale con diverse tipologie contrattuali e diversi stati giuridici ma tutti in un unico contenitore lavorativo: il SSN con le sue scelte periodiche di programmazione volte ad attuare e garantire il diritto alla salute.
La diversità del personale del SSN si traduce in una specificità unica e, a nostro giudizio, è tale da rendere funzionale e necessario che il loro rapporto di lavoro e la conseguente contrattazione collettiva (interessando le oltre centinaia di migliaia di medici, infermieri e le oltre trenta professioni sanitarie e sociosanitarie) debbano essere riconosciuti quale una vera e propria categoria speciale al pari delle altre già riconosciute per legge.
Il riconoscimento di “categoria speciale” per il personale del SSN. La stragrande maggioranza del personale del SSN è costituita da professionisti laureati con propri, autonomi ambiti di competenza, con tipologie di organizzazione del lavoro ed istituti contrattuali specifici, talora né omogenei né paragonabili né assimilabili al personale degli altri comparti.
Questa specialità di categoria dovrebbe tradursi in un Accordo quadro di “filiera” che comprenda tutto il personale che operi nel SSN, sia dipendente o convenzionato con le aziende sanitarie ma anche (perché no?) dipendente o convenzionato con i presidi sanitari e sociosanitari classificati o accreditati, anche se non pubblici, ma dal pubblico vigilati e finanziati in larga parte.
L’accordo di filiera per tutto il personale del SSN. Scopo prioritario di questo Accordo quadro di “filiera” è quello di dar corpo ad un confronto preliminare promosso dal Ministero della Salute insieme alle Regioni e gli altri Dicasteri interessati con l’insieme delle aree negoziali dei professionisti ed operatori sanitari e sociosanitari produttori di salute, sia a rapporto di lavoro dipendente che a rapporto di lavoro convenzionale tra Governo, Regioni e Sindacati; un confronto negoziale per giungere ad un intesa unitaria e convergente per l’omogeneizzazione e l’adeguamento dell’organizzazione del lavoro alle scelte programmatorie determinate dal Patto per la Salute e dai diversi Piani.
Un’intesa preliminare con chi le scelte programmatorie le deve realizzare e che pertanto è indispensabile per raggiungere tale scopo ed evitare che queste restino dichiarazioni di principio non attuate o attuate solo in parte.
Tale intesa sarebbe propedeutica ai prossimi rinnovi dei vari CCNL o ACN rientranti in tale filiera e diventerebbe una modalità contrattuale da ripetere, ovviamente per esplicitare al massimo il suo potenziale innovativo, a livello regionale ed aziendale.
Si valorizzerebbe e si promuoverebbe così un nuovo protagonismo propositivo e positivo del personale del SSN nella stesura non solo del Patto per la Salute, ma anche di tutti i provvedimenti riguardanti il personale, anche attraverso la partecipazione delle rappresentanze sindacali e professionali; facendo proprio della compartecipazione e della condivisione alle scelte programmatorie in sanità la vera novità della fase post pandemia e la modalità ordinaria di attuazione delle scelte; senza alcuna imposizione verticistica non condivisa né verificabile nella sua fattibilità da chi poi la dovrà realizzare..
Un processo di condivisone presente nella fase di elaborazione inziale di programmazione sanitaria e sociosanitaria come anche nel suo monitoraggio e nella conseguente valutazione finale, fermo restando la possibilità di apportare eventuali modifiche in corso d’opera.
La concertazione, se ben gestita da tutte e due le parti, non può che divenire un processo positivo nel quale, nello sviluppo della mediazione, possa emergere la comprensione, la consapevolezza e la condivisione; elementi necessari e sufficienti perché i mutamenti e le riforme possano esser vissuti come proprio patrimonio e non imposti a forza dall’esterno: nella sanità la lezione della pandemia insegna quanto questi concetti siano quanto mai veri.
La carenza di partecipazione come principale problema del SSN. E’ ormai quanto mai palese che l’elemento più deficitario nel governo del sistema salute sia proprio la partecipazione, anche critica ma sempre positivamente propositiva; una partecipazione a tutto campo dalle fasi di elaborazione alla verifica e monitoraggio della programmazione nel SSN a tutti i livelli nazionale, regionale ed aziendale da parte del personale che del sistema, è bene ribadirlo con forza, rappresenta l’assetto fondamentale di chi opera nelle linee dedicate all’attuazione del diritto alla salute.
Sarebbe stato, presubilmente, un altro scenario se nelle fasi propedeutiche e in quelle iniziali della pandemia chi opera in sanità avesse avuto la possibilità di dire la sua, frutto del suo sapere scientifico e professionale e dell’esperienza vissuta, sul come affrontarla. Il personale invece è stato inviato al fronte spesso a mani nude e con il volto scoperto e purtroppo pagando di persona con la vita o rimanendo contagiato e comunque in larga parte con seri problemi sulla salute fisica e psicologica.
Altrettanto importante sarebbe stato se il Governo avesse recepito con maggiore convinzione la strategia implementata nella regione Veneto, da tutti riconosciuta come la migliore, specie sa paragonata alla disastrosa gestione della stessa epidemia da parte dei vertici della regione Lombardia
Dall’accordo di filiera agli accordi di singolo comparto. Delineato l’Accordo quadro di filiera sarà compito di ogni ambito contrattuale specifico di comparto, di area dirigenziale, di sanità accreditata, di accordi nazionali unici, la traduzione in norme contrattuali delle modalità con cui rendere spendibili ed agibili le scelte programmatorie derivanti dal Patto per la Salute
Il vecchio e irrisolto dilemma: il medico di base dipendente o convenzionat? In tale prospettiva la problematica, che periodicamente riappare se sia funzionale un rapporto di lavoro dipendente o convenzionale, specie per la medicina di base, non viene sciolta in maniera definitiva da tale Accordo quadro di filiera; e questo non perché non lo si voglia affrontare per la vecchia massima “non importa il colore del gatto purché acchiappi il topo” ma perché nella fase di ricostruzione post pandemia, sperando che sia post e non più intra, è più importante trovare la massima convergenza e gli strumenti più raggiungibili e funzionali.
Terminata la prima fase di convergenza tra diversi si potrebbe porre mano a questa delicata questione con meno pregiudizi di tipo ideologico; ricordiamo che l’articolo 48 della legge 833/78 affermava che la medicina di famiglia potesse essere erogata da medici dipendenti o convenzionati.
I limiti e l’inapplicazione della legge Balduzzi di riforma delle cure primarie. Il richiamo alla dipendenza venne meno con la legge Balduzzi di riforma delle cure primarie frutto di uno scambio paritario tra il superamento del potenziale rapporto di dipendenza per le cure primarie in cambio dell’accettazione della riforma delle stesse che ne avrebbe fatto il centro anche organizzativo con proprie forme associative mono-professionali o pluri-professionali dei MMG e dei PLS integrate con altre specialità mediche, con le altre professioni sanitarie e sociosanitarie fino ai servizi sociali professionali degli enti locali: un disegno che si riproponeva l’obiettivo di dare alla medicina di base pari dignità con quella ospedaliera, ma che non è riuscito e che è naufragato nella consueta inapplicazione delle norme.
Un progetto non costruito su solide basi e che si è scontrato anche con l’arretratezza culturale di molte Aziende Sanitarie che, ignorando i principi della stessa legge 833/78, hanno continuato a considerare i MMG ed i PLS come liberi professionisti avulsi dalle proprie risorse umane e professionali e non come una parte di quest’ultime, differenti solo per il rapporto di lavoro; con gli effetti negativi e tragici sulla funzionalità del sistema che abbiamo potuto riscontrare nelle ultime drammatiche settimane.
Quindi, talora non c’è bisogno di profonde riforme da riscrivere basterebbe attuare realmente le leggi approvate, superando l’antico vizio italico di produrre le migliori leggi del mondo e poi non attuarle ed invocando la reiterazione di una nuova riforma della riforma…
Ritrovare lo spirito della legge 833/1978. L’Accordo quadro di filiera farebbe del personale dipendente e convenzionato il tutto e non la somma delle parti ritornando allo spirito della legge 833/78 per il quale: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale.La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini”.
Quindi l’Accordo quadro di filiera comprenderebbe le risorse umane e professionali che operano nel complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione costituenti il servizio sanitario nazionale
Una volta delineato il quadro di riferimento, potranno essere individuate, condivise e realizzate le corrette ed opportune soluzioni alle più emergenti questioni del personale, per tutte le sue articolate tipologie, tutte importanti e centrali, nessuna secondaria: l’unità nella diversità è il più grande valore in una grande e stupenda organizzazione del lavoro qual è il SSN mentre la ricerca della diversità divisiva è il disvalore.
La prospettiva di più lungo termine. A questa prima fase seguirebbe poi una riflessione su quanto realizzato e si porrebbero in discussione le problematiche su cui operano riserve e pregiudizi difficilmente superabili senza una diretta verifica sul campo
Naturalmente non si potrà fare le nozze con i fichi secchi…delineato il quadro normativo contrattuale rimane il problema dei problemi e cioè la questione salariale dei professionisti ed operatori produttori di salute che dovrà essere affrontata con coraggio e decisione valorizzando adeguatamente se è vero come è vero che è una categoria speciale…
Saverio Proia e Roberto Polillo