Una sanità a misura di paziente. L’appello alle Istituzioni da parte di 50 sigle di Associazioni Pazienti in un documento programmatico
Cinque i temi cardine emersi dal dibattito per la riorganizzazione della Sanità del futuro: co-creazione, territorio, efficacia, telemedicina, real world e data privacy. Per ognuno di questi, sono state individuate una serie di proposte operative da indirizzare alle Istituzioni nazionali e locali e contenute nel documento. IL DOCUMENTO
Essere un’unica voce e avere un piano d’azione comune per ridisegnare la sanità alla luce delle due grandi rivoluzioni in atto: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e digital health. E questa unica voce è composta da 50 sigle di associazioni di pazienti che hanno come obiettivo quello di porsi come interlocutore privilegiato delle Istituzioni per contribuire davvero al cambiamento.
Per farlo però non basta essere uniti, servono anche proposte, definizione di obiettivi, percorsi di presa in carico chiari e soluzioni. Tutto questo è stato messo nero su bianco in documento programmatico dal titolo “Azioni e proposte per una sanità a misura di paziente“, presentato a Roma lo scorso 17 novembre nel corso dell’evento Roche “PATH – Join our future”.
Il dialogo aperto con le Istituzioni nazionali e locali e con gli esperti di digital health è alimentato dalla volontà delle Associazioni di collaborare – quali interlocutori fondamentali, competenti e concreti – con i diversi attori del sistema salute per plasmare una sanità realmente partecipata, a misura di paziente. Con questo spirito di collaborazione e con l’obiettivo di delineare politiche sanitarie condivise, pianificate a partire dall’ascolto delle istanze dei pazienti, le Associazioni di Pazienti hanno redatto una serie di proposte attuative, contenute nel Documento Programmatico.
Nato lo scorso giugno nell’ambito di una due giorni di lavori “PATH – Join our future”, che ha visto confrontarsi oltre 60 delegati di Associazioni di Pazienti di diverse aree di impegno sui temi di co-creazione, territorio, efficacia dei servizi, telemedicina, evidence generation e data privacy, questo testo è il risultato di un lavoro corale, realizzato con spirito di partecipazione attiva e con l’obiettivo di portare a compimento le proposte operative delineate.
La definizione a livello nazionale dei requisiti e delle condizioni minime di partecipazione delle Associazioni nelle fasi di programmazione e di verifica di attuazione delle politiche sanitarie; l’istituzione di un comitato delle Associazioni di Pazienti e di un Gruppo di Lavoro “Buone Pratiche” nell’ambito di Agenas; la messa in atto di programmi formativi di telemedicina per gli operatori sanitari, la realizzazione di registri di patologia più ampi, insieme con l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico; la valutazione di efficienza e qualità dei servizi di telemedicina a garanzia dei LEA sono solo alcune delle proposte portate all’attenzione delle Istituzioni presenti nell’ambito dell’incontro.
“È importantissimo che le associazioni siano coinvolte nelle politiche della salute attraverso un processo di co-creazione. Perché co-creare significa portare anche delle esperienze, significa portare idee diverse significa anche portare le esigenze del territorio in cui si opera”, ha detto Antonella Celano, Presidente APMARR. “La co-creazione non deve essere saltuaria, ma deve essere ovviamente qualcosa di programmato, di istituzionalizzato e deve essere a tutti i livelli, quindi deve essere sia a livello nazionale che a livello regionale, ma anche a livello locale. Non dimentichiamo – ha proseguito la Presidente di APMARR – che durante la pandemia le associazioni, soprattutto localmente, hanno potuto dare tantissimo e anche sostenere il servizio sanitario”. L’augurio dunque è che “si attui, sia a livello nazionale sia a livello locale, un coinvolgimento effettivo delle associazioni”.
Dello stesso avviso è Adriana Bonifacino, Presidente Fondazione IncontraDonna. “Questo progetto potrebbe essere interpretato come un percorso, ma in realtà è molto di più, perché se noi analizziamo questo acronimo, il significato vero è quello di dare coralità e di dare forza alle associazioni nel loro linguaggio. Credo che questo sia il vero valore del progetto”, ha commentato Bonifacino. Per la presidente di Fondazione IncontrDonna, la missione 6 del Pnrr e la Gazzetta Ufficiale del 2 novembre dove si parla di telemedicina sono solo le basi: “Adesso noi associazioni, insieme alle istituzioni, agli enti regionali e alle società scientifiche, dobbiamo lavorare insieme”.
Il valore aggiunto del dialogo con le Associazioni Pazienti è portato dall’esperienza stessa che queste possono portare. Ne è convito Fabio Amanti, Responsabile Relazioni Istituzionali Parent Project. “Sia le esperienze, sia l’efficacia dei trattamenti o delle terapie è importantissimo che siano riportati dai pazienti, perché sono loro che ne devono trarre beneficio per il miglioramento della loro qualità di vita”, ha precisato Amanti. “Noi chiediamo – ha aggiunto – che a tutti gli effetti i pazienti, le associazioni di pazienti o le federazioni siano inserite nei tavoli dove si decide sulla loro vita, in maniera tale che loro possano effettivamente dare un valore aggiunto a tutto quello che si fa”.
Il progetto PATH rappresenta quindi un punto di partenza e non un punto di arrivo. Il paradigma sta cambiando e il rapporto tra medico e paziente si fa sempre più partecipato. “Il paziente deve essere messo al centro, ma non solo perché tutto giri attorno ai pazienti, ma anche perché il paziente faccia parte di quel circuito importante per poter migliorare la qualità della vita, perché si può avere un punto di partenza ma non è detto che sia quello giusto per il paziente stesso”, ha commentato Paola Boldrini, già Vicepresidente Commissione Igiene e sanità – Senato della Repubblica. “Sono convinta che questo sia un percorso che non deve essere abbandonato, ma deve riprendersi per poi continuare nell’onda di quello che anche oggi si sta dicendo in questo convegno”.
Uno dei pilastri del documento programmatico riguarda la telemedicina che mai come in questo momento, anche grazie alla pandemia di Covid-19. sta subendo una accelerazione. “Tante regioni hanno messo in campo delle sperimentazioni di telemedicina, proprio trainate dalla pandemia”, ha ricordato Fabiola Bologna, già Segretario XII Commissione Affari sociali – Camera dei Deputati. Ora “l’Istituto Superiore di Sanità e il ministero della Salute stanno elaborando delle linee guida specifiche, anche organizzative, per ogni specialità”. Ciò significa avere una attenzione particolare alle diversità e ai diversi approcci necessari. Per questo “le associazioni di pazienti sono fondamentali in questi percorsi perché sono le sentinelle sul territorio, sia per consigliare nei tavoli regionali e poi per dare un feed back di quelli che sono i risultati dopo un certo periodo di sperimentazione o di programmazione”.
Come ricordato anche da Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali, “La telemedicina è una grande opportunità per la sanità. Però nessuna tecnologia da sola risolve alcun problema. Sono i professionisti, le istituzioni e anche i pazienti che usano la tecnologia in modo appropriato a risolverli, altrimenti il rischio è quello di avere una disseminazione di tecnologie che però non portano dei reali benefici”, ha detto l’esperto.
Come costruire dei sistemi di telemedicina efficienti ed efficaci e sicuri? Per Gabrielli “Si tratta di organizzarsi a livello territoriale, partendo da un’analisi molto attenta delle esigenze delle persone che si vogliono assistere e che sono diverse non solo perché le malattie sono diverse, ma anche da territorio a territorio. Se non c’è questa analisi preliminare molto seria, quello che si costruisce è un sistema che molto probabilmente non funzionerà, che non verrà utilizzato, perché non risponde alle necessità”. Come per Bologna, anche per Gabrielli in questo le associazioni sono fondamentali “per creare quella pressione dell’opinione pubblica e sociale che spinga poi le istituzioni a fare questi passi”.
“In Italia in questo momento stiamo viaggiando a tappe forzate”, ha infine detto l’esperto. “Un pericolo che vedo è proprio questo ritmo di tappe molto serrate nel tempo, che mal si addice alla varietà estrema delle situazioni italiane e alla capacità reattiva dell’amministrazione pubblica, che invece è molto più lenta”, ha concluso.
Di territorio ha parlato Luciano Pletti, Vice Presidente C.A.R.D., Confederazione Associazioni Regionali di Distretto e Presidente dell’Associazione degli Operatori dei Distretti Sanitari del Friuli Venezia Giulia (C.A.R.D. FVG). Il distretto identifica la comunità come il contesto in cui realizzare la tutela della salute nell’ambito dell’assistenza primaria e dell’assistenza socio-sanitaria. “Per noi è un valore aggiunto avere delle occasioni di confronto con le associazioni dei pazienti. Ancora di più perché sono i destinatari principali dell’offerta che noi siamo chiamati a erogare”, ha precisato il presidente CARD.
“La tutela della salute nel territorio si gioca solo in parte su aspetti sanitari, in buona parte su altri determinanti: ricordo tutto l’aspetto economico salariale, l’ambiente, l’istruzione, la viabilità e la relazionalità. Tutti elementi che non dipendono chiaramente dal sistema sanitario”. Il ruolo del direttore di distretto è dunque “quello di svolgere una funzione di governance, cioè interloquire con tutti gli interlocutori, sia i tecnici che erogano le prestazioni, sia le istituzioni, ma anche chi rappresenta le comunità”, ha proseguito Pletti.
“Quello che ci si aspetta da noi è di avere la capacità di avere questa interlocuzione costante, dalle associazioni di sapersi rappresentare con capacità di risolvere i problemi, non soltanto di esprimere delle domande e quindi anche avere una responsabilità. Siamo tutti, in qualche modo, chiamati ad essere artefici di questo impegno”, ha concluso.
Grande apertura all’iniziativa anche dalle rappresentanti del nuovo Governo intervenute nel corso dell’evento. “È importantissimo mantenere le relazioni con le associazioni dei pazienti”, ha infatti detto Elena Murelli, Membro della X Commissione Affari sociali, sanità e lavoro. Questo perché “nel momento in cui approviamo una legge e se si verificano delle problematiche, e queste problematiche si svolgono all’interno del un sistema sanitario nazionale e ricadono direttamente sul cittadino è importante avere un feedback da parte di chi vive quotidianamente, o saltuariamente, il nostro Servizio sanitario nazionale”, ha detto Murelli. “Un po’ come una certificazione di qualità – ha aggiunto – per sapere se quello che noi legiferiamo è al servizio del paziente”.
“Le istituzioni devono avere un rapporto continuo e costante con la propria gente per poter dare risposte sulla sanità”, ha aggiunto Chiara Colosimo, Segretario alla Presidenza della Camera dei Deputati. “Noi sappiamo che dobbiamo mettere in campo tante soluzioni. Quelle soluzioni vengono meglio e vengono bene se sono mediate con le associazioni dei pazienti”.
“Ci impegniamo per una sanità costruita a partire dai bisogni dei pazienti, che risponda alle loro istanze e se ne faccia carico in maniera efficace e sostenibile, per un impatto concreto e positivo sulla vita di ogni persona”, ha sottolineato Maurizio de Cicco, Presidente e Amministratore delegato di Roche Italia. “Il confronto stimolante e sentito con le Istituzioni è il segnale che siamo in una fase matura per procedere lungo questo percorso, verso un cambiamento culturale mosso dalla volontà di co-creazione, ascolto e collaborazione. Noi vogliamo essere facilitatori di questo cambiamento per una corretta implementazione delle tematiche oggetto del dibattito: medicina di prossimità, telemedicina, evidence generation e digital health. Insieme, guardando sempre al futuro della salute”, ha concluso.
“L’obiettivo in questa prima fase progettuale è arrivare ad una sanità sempre più partecipata”, ha aggiunto Luisa De Stefano Head of Patient Advocacy di Roche. Quando è partito il progetto, “ci eravamo resi conto che tutto quello che era stato deliberato, che era stato regolamentato, legato alle opportunità di Pnrr, non aveva in realtà tenuto conto della voce del paziente”. Come precisato dalla stessa De Stefano, per attuare il cambiamento c’è bisogno di tempo e di un impegno costante. Proprio per questo PATH non è solo un progetto, è un percorso e come tale, nei prossimi mesi, “continuerà e porterà a rendere determinabili le proposte alle istituzioni”, ha concluso De Stefano.
L’auspicio delle Associazioni di Pazienti è dunque che il rimodellamento del sistema sia efficace nel rispondere ai bisogni di salute e sia in grado di garantire una maggiore accessibilità a cure e servizi in modo omogeneo sul territorio.
M.C.