Verso le elezioni. Partiti a confronto alla Cattolica: tutti concordi sul rafforzamento del Fns e la valorizzazione del personale
Andrea Mandelli (Forza Italia), Luca Coletto (Lega), Andrea Costa (Noi Moderati), Beatrice Lorenzin (Partito Democratico), Annamaria Parente (Italia Viva), Walter Ricciardi (Azione) e Mariolina Castellone (M5S) ospiti dell’evento promosso da Altems. Tutti concordi che la sanità vada tenuta al sicuro dalla crisi energetica e sulla necessità di potenziare il territorio, di aggiungere risorse al Fondo sanitario nazionale e di valorizzare il personale. Emerge anche il desiderio di un federalismo sanitario meno spinto. Ma il Mes divide ancora, con Italia Viva e Azione a favore, M5S contrario
Il potenziamento della sanità territoriale, il riequilibrio tra Nord e Sud, l’accesso ai farmaci e alle terapie innovative, l’innovazione tecnologica, il ruolo e la voce dei pazienti nelle scelte di politica sanitaria, il nodo dei medici e del personale sanitario. Le questioni in gioco nella sanità italiana sono ancora tante. Sono queste anche le sfide che, volenti o nolenti, il nuovo Governo e il nuovo Parlamento saranno chiamati con più o meno urgenza ad affrontare. Per cercare di capire in che direzione i diversi schieramenti politici potrebbero muoversi, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari dell’Università Cattolica (Altems) ha proposto, nel tardo pomeriggio di ieri, un incontro che ha visto protagonisti i responsabili politici e gli esponenti di tutti i principali partiti politici.
Protagonisti del confronto, guidato da Americo Cicchetti (ordinario di Organizzazione aziendale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica nel campus di Roma e direttore dell’Altems) sono stati Luca Coletto (Lega per Salvini Premier), Andrea Costa (Noi Moderati), Beatrice Lorenzin (Partito Democratico), Andrea Mandelli (Forza Italia), Annamaria Parente (Italia Viva), Walter Ricciardi (Azione) e Mariolina Castellone (M5S), (assente Marcello Gemmato, di Fratelli di Italia, colpito da un grave lutto)
Introducendo i lavori Cicchetti ha evidenziato come la sanità ricopra uno spazio certamente di rilievo nei programmi di tutti i partiti politici, “tuttavia, nonostante una pandemia ancora in corso, l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema è diminuita, superata da altre gravi emergenze: la guerra in Ucraina, l’inflazione, la crisi energetica”. E se la Missione 6 del Pnrr in parte ha dato risposte ai bisogni in tema di Sanità, puntando sulla medicina territoriale e sulla ricerca, la quantità di risorse disponibili appare tutt’ora insufficiente. I dati pubblicati dall’Altems stimano in 37 miliardi di Euro il gap che separa l’Italia dal livello medio di finanziamento di altri Paesi europei come Regno Unito, Francia, Germania e Spagna.
Anche Beatrice Lorenzin ha voluto porre l’attenzione su come la sanità sia passata in secondo piano nella campagna elettorale. “Questo ci dovrebbe porre degli interrogativi sulla psicologia di massa e su come cambia l’agenda politica. Ma la crisi energetica non ha cancellato la crisi sanitaria, piuttosto è andata a sommarsi ad essa. Le due crisi, peraltro – ha sottolineato Lorenzin -, non possono essere considerate separate, perché sappiamo che quando c’è una crisi la salute peggiora. Sappiamo anche che la crisi energetica può diventare una crisi sanitaria, basti pensare ai consumi e ai costi che devono sostenere le strutture sanitarie”.
Per la coordinatrice del forum tematico Politica sanitaria del Partito Democratico il Fondo sanitario nazionale va sicuramente alimentato. Tra le priorità da affrontare, poi, c’è sicuramente quella del personale sanitario: “Nel corso della pandemia abbiamo sopperito alla carenza di personale rompendo gli schemi. Sono stati anche spezzati meccanismi statici che esistevano da anni, pensiamo alla vaccinazione in farmacia o alla chiamata negli ospedali degli specializzandi e dei neolaureati. Siamo riusciti a far aumentare numero assunzioni nel pubblico e a colmare l’imbuto formativo. Tuttavia i risultati, in questo ultimo ambito, li vedremo tra 8-10 anni. E nel frattempo?”. Per Lorenzin, “per rispondere al fabbisogno di personale sanitario e garantire il servizio sanitario, così come lo conosciamo oggi (e non come lo immaginiamo o lo stiamo disegnando con il Pnrr), dobbiamo pensare a un aumento del Fondo sanitario nazionale che arrivi progressivamente intorno a 1 miliardo di euro, solo per il personale sanitario”.
L’aumento del Fsn resta, quindi, una questione centrale. “Se vogliamo che il sistema Paese regga – ha detto Lorenzin – dobbiamo immaginare che il Fondo sanitario nazionale debba uscire fuori dallo stress test della crisi energetica rafforzato così come è uscito rafforzato dal Covid”.
Andrea Costa, che è anche sottosegretario alla Salute, è altrettanto convinto che per il personale sanitario il tema economico sia “centrale”. “Non si tratta solo di una questione economica – ha detto – ma anche di dignità del lavoro”. Per l’esponente di Noi Moderati il personale va dunque valorizzato, anche economicamente: “Dobbiamo assumerci la responsabilità di dare dignità ai cittadini che dedicano la loro vita e il loro lavoro a curare gli altri, riconoscendo la funzione straordinaria che rivestono per il nostro Paese”.
Costa si è quindi espresso sull’accesso alle facoltà di Medicina e Chirurgia dicendosi contrario a “declinare il tema della meritocrazia” nell’accezione di un test di ingresso: “Forse dobbiamo offrire l’opportunità di iniziare un percorso a più ragazzi e dare degli obiettivi; dare loro il tempo di comprendere se quella è la loro scelta di vita”.
Quanto al tema della centralizzazione della sanità e del federalismo, per Costa la questione è “assumersi la responsabilità di garantire il diritto come è scritto sulla Costituzione. Il Governo ha tracciato una strada: i fondi del Pnrr per telemedicina sono gestiti dal ministero, questo significa avere un visione generale con l’obiettivo di garantire in modo omogeneo il diritto alla salute”, ha detto il sottosegretario richiamando anche alla necessità di “investire di più sulla prevenzione”..
Luca Coletto ha invece posto l’accento sulla necessità di potenziare l’assistenza territoriale, una delle grandi criticità emerse con la pandemia. “Qualche regione aveva fatto qualcosa di più in passato, ma non tutte avevano compiuto questo salto di qualità”. Coletto è quindi intervenuto sul tema del regionalismo in sanità sostenendo che c’è sicuramente bisogno di una regia, perché “è necessario che tutte regioni investano sul territorio, nei Lea, erogando prestazioni in maniera corretta e tenendo conto invecchiamento popolazione”. Tuttavia, per Coletto, ci sono necessità “legate ai territori, dunque non possiamo svincolarci da federalismo sanitario, piuttosto rispondere alle direttive”.
Il responsabile del dipartimento Sanità della Lega per Salvini Premier ha quindi chiarico: “La sanità ha bisogno di efficientamento, ma anche di programmazione e organizzazione. Una programmazione che deve essere rispettosa delle normative, aderente alla realtà, legata al territorio, ma che risponda anche a direttive uniformi”. Tuttavia, ha precisato Coletto, “la soluzione non è centralizzare perché rischia di tradursi in un livellamento verso il basso. Bisogna, piuttosto, portare le Regioni che hanno bisogno a raggiungere chi fa meglio, anche accompagnandole per mano, se necessario”.
Anche per Coletto è poi essenziale intervenire sul personale dopo gli errori del passato. “Sul territorio mancano i medici di medicina generale, avevamo 10mila medici abilitati ogni anno e solo 6000 borse di studio. Abbiamo prodotto 4.000 disoccupati che andavano a lavorare all’estero perché i nostri medici sono ottimi medici, apprezzati a livello internazionale”.
Andrea Mandelli ha evidenziato come “nel corso dell’epidemia i farmacisti, i medici, gli infermiere e anche gli operatori non sanitari hanno fatto un miracolo” ma ora “occorre fare tesoro di quanto accaduto tenendo conto dell’elemento fondamentale, che è il finanziamento della sanità, che non può diminuire e deve essere inteso come un investimento futuro. E bisogna affrontare il tema vero, che è il territorio”.
Mandelli ha rivendicato l’impegno dei farmacisti per rafforzare l’assistenza territoriale. “La farmacia servizi è stata una scelta vincente, ma ci sono serviti tanti anni per mettere in pratica quello che era già una realtà in tanti Paesi europei. Il Covid ci ha dato la forza di impegnarci in campi finora inesplorati. Chi poteva pensare che il farmacista potesse essere protagonista di un atto sanitario come una vaccinazione?”.
Per il responsabile del dipartimento Sanità di Forza Italia, “le sfide sono aperte, devono essere finanziate” e realizzate anche “rivedendo i percorsi di Laurea, in Farmacia lo stiamo già facendo, per adeguarli ai bisogni dei cittadini e del Ssn”. Quella della sanità è “una sfida complessa che passa attraverso la sensibilità dei Governi e la tenacia del Parlamento” ma, secondo Mandelli, “al di là degli steccati ideologicim le cose si possono fare e i soldi per finanziarli si possono trovare”.
Mandelli quindi ricordato i punti chiave del programma di Forza Italia per la sanità: “Le liste d’attesa e le difficoltà economiche che costringono i cittadini a non curarsi, consapevoli che chi non si cura vede la sua salute peggiorare e questo è un danno per la persona ma anche un problema per il Ssn”. “La prossimità – ha detto – è la scelta vincente: abbiamo bisogno di una sanità capace di rispondere sul territorio in modo rapide e veloce. Per farlo, serve più personale sanitario, senza rinunciare a una formazione di qualità”. E poi “dobbiamo affrontare i vecchi tabù con il realismo imposto dai recenti cambiamenti”.
Per Walter Ricciardi “ci aspettano tempi difficilissimi. Stiamo affrontando contemporaneamente 5 crisi: la pandemia, la crisi climatica, l’inflazione che erode i risparmi e aumenta la povertà, la crisi energetica che nel settore sanitario è cruciale, l’interruzione delle forniture di materie prime”. In questo contesto “ogni intervento sul servizio sanitario dovrebbe essere fatto in maniera condivisa e seguendo le evidenze”.
Ricciardi, in vista delle elezioni, ha rassicurato sul fatto che “da noi non c’è nessuno che mette in discussione il servizio sanitario, come è avvenuto invece nel Regno Unito, dove il servizio sanitario è stato distrutto”. Tuttavia ogni intervento deve partire dai dati, ha ribadito: “Per l’Italia i dati dicono che abbiamo la popolazione più vecchia del mondo, ma anche una delle più malate del mondo. Ciò significa che una donna svedese, per esempio, vive un anno di meno rispetto a quella italiana, ma ha solo sei anni in condizioni di cattiva salute, mentre una donna italiana ne ha 16 in cui ricorre all’assistenza. Un altro aspetto è per esempio l’offerta: siamo il Paese che ha più medici in rapporto alla popolazione di Europa, ma abbiamo il numero più basso di specializzati. Banalmente — ha aggiunto il responsabile dell’area tematica Sanità di Azione — abbiamo sbagliato la programmazione per molti anni”.
A proposito di medici, Ricciardi ha definito cruciale il tema “della remunerazione e delle condizioni di lavoro. In genere ti aspetti che con il passare del tempo aumenti il tuo potere d’acquisto, ma per i medici italiani non è stato così: sono gli unici europei per cui lo stipendio è tornato indietro”.
Certo, c’è bisogno di mettere risorse sulla sanità. A questo proposito, il responsabile dell’area tematica Sanità di Azione si è detto a favore del Mes, il Meccanistmo europeo di stabilità, o meglio, la nuova linea del Mes creata in tempi di pandemia per coprire le spese sanitarie dirette e indirette, che “è un debito certo ma riservato alla sanità a tassi tornati convenienti”, ha detto Ricciardi.
Sulla stessa linea Annamaria Parente: “Serviranno molti finanziamenti per affrontare la crisi energetica – ha detto – e per questo ancora di più sarebbe scellerato non attingere ai fondi del Mes sanitario e quindi sistemare la sanità in maniera decente. Sono 37 miliardi, sono tanti, consideriamo che nel Pnrr per la sanità ne abbiamo stanziati 19 di miliardi”.
Secondo la responsabile Sanità di Italia Viva, “ci sono stati dei momenti in cui accedere al Mes non sarebbe stato conveniente, ma avremmo dovuto prenderli all’indomani dello scoppio della pandemia”. Per la responsabile Sanità di Italia Viva, ora è il momento di farlo, perchè quelle risorse “potrebbero ora servire per interventi che vanno dalla sistemazione degli ospedali alla prevenzione. Con i soldi del Mes sanitario potremmo fare un grandissimo programma, serio, nazionale. Potremmo sostenere le competenze dei professionisti, intervenire sulle Rsa e l’assistenza agli anziani”.
Per Parente “la sanità deve essere messa al centro, anche delle politiche di investimento del Paese. Durante la pandemia ci siamo trovati senza Dpi, senza aziende in grado di produrre vaccini. Dobbiamo usare il Mes sanitario anche per sostenere la filiera industriale della salute, partendo dalla ricerca e poi con un piano straordinario sull’intera filiera”.
A chiudere gli interventi Mariolina Castellone, del M5S, di tutt’altra opinione: “Non possiamo continuare a dire che siamo in un mondo nuovo e poi continuare a parlare di strumenti vecchi. Il Mes – ha detto – fa parte di quel periodo di austerity che l’Ue imponeva agli Stati europei e le condizioni per accedere a quei fondi non sono certo vantaggiosi. Infatti nessun Paese europeo lo ha utilizzato, ci sarà un motivo. Noi oggi abbiamo strumenti diversi, come il Next Generation Sequencing e il Pnrr, che ha portato finalmente l’Europa ad essere solidale”.
Per Castellone “dobbiamo avere una visione chiara e capire che gli investimenti che si fanno per aumentare la protezione sociale non vanno mai considerati un debito ma un investimento che porta il Paese a crescere. Spingere il Pil significa anche ridurre il debito”. Infatti “se siamo arrivati ad affrontare la pandemia con un Ssn ridotto all’osso – ha detto l’esponente del M5S – è perché i Governi che ci hanno preceduto hanno fatto tagli alla Fsn per 37 mld di euro, sono stati persi 71mila posti letto e 46mila medici e infermieri hanno lasciato il servizio sanitario pubblico. Finalmente questa visione è cambiata, la sanità non è più considerata una spesa. Abbiamo capito che in sanità e ricerca non bisogna mai smettere di investire”.